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Latte

By Silvana De Mari
3 Settembre 2019
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Nascere non è uno scherzo, in effetti, è una specie di castigo di Dio. Il piccolo viene sputato fuori dalle pareti dell’utero che si abbattono su di lui e lo spingono a passare attraverso la vagina che in condizioni di base ha una circonferenza minore della sua testa.  La vagina fortunatamente è elastica, e finalmente questa testolina riesce a superarla, ma non è divertente.  Il piccolo passa da una temperatura di trentasette gradi a una di ventiquattro se va tutto bene, oppure dodici se è nato in Mongolia e siamo in inverno, oppure direttamente a zero se è un piccolo eschimese ed è nato in un igloo. Poi c’è l’altro problema che l’ossigeno: dentro la mamma, l’ossigeno arrivava con l’arteria ombelicale. Ora il bimbo deve respirare con i suoi polmoni, i primi respiri sono faticosi e pieni di dolore. Come se tutto questo non bastasse c’è poi la gravità: è stato nove mesi a galleggiare, bastava un colpo di piedino per spostarsi o fare una giravolta,  e ora scopre il peso che lo inchioda in basso. Tutto questo genera la più assoluta e totale disperazione, un picco di disperazione che improvvisamente, in pochi istanti scompare. Il latte della mamma gli riempie la bocca, e riempie anche la sua anima e il suo cuoricino della felicità più completa e perfetta, una felicità così grande che fa scomparire i nove mesi di minuscolo paradiso nel liquido amniotico come una robetta, niente di paragonabile alla felicità totale, il latte.
Il latte materno è felicità,  gioia, anticorpi, endorfine, protegge dal dolore, protegge dalla malattia. È pappa e protegge sia dalla fame che dalla sete. È caldo, protegge dal freddo. Come la cotta di mitril di Bilbo Baggins, infonde il coraggio. Come gli scapolari, protegge dal Male. La sua composizione assolutamente perfetta e si modifica di giorno in giorno a mano a mano che cresce il bimbo per adeguarsi alle sue molte modificate necessità. Per allattarlo la mamma lo prende in braccio. Insieme al sapore, insieme al pancino che si riempie, c’è anche l’odore della mamma, c’è la sua voce,  c’è il suo viso, ci sono i suoi capelli in cui le manine si perdono. C’è l’innamoramento. Il bimbo si innamora della mamma. Se non avete potuto allattare il vostro bambino, non prendetevela troppo: è andata così. L’allattamento è una condizione né necessaria né  sufficiente per essere una buona mamma. Ci sono mamme che hanno allattato moltissimo e poi hanno venduto i loro bambini a sei anni alla miniera d’oro oppure le loro bambine a 10 anni al bordello. Ci sono mamme che non hanno allattato, ma che hanno raccontato fiabe straordinarie grazie alle quali hanno insegnato ad affrontare il dolore e a creare coraggio.

Ma l’allattamento al seno è uno dei diritti del bambino e uno dei diritti della madre: entrambi aumentano il loro livello di salute, lui diminuisce il suo rischio di  infezioni, lei di cancro al seno.

C’è una guerra totale al latte della mamma. C’è una guerra aperta alla maternità, alla potenza ancestrale della donna. Fino a tre secoli fa circa, parto e allattamento erano faccende di donne. Ci pensavano le levatrici. Non erano tutte rose e fiori, e un po’ di mortalità infantile e materna c’era, ma tutto sommato neanche tanta. C’era una regola di diritto ecclesiastico che vietava alle donne che facevano le levatrici di assistere anche i malati: un’intuizione che capiva come non bisognasse portare dalla donna che partoriva e dal suo neonato i miasmi delle altre malattie. Le levatrici che avessero trasgredito questa regola, si sarebbero addirittura trovate di fronte a un processo, perché la maternità era sacra e doveva essere protetta. Tutto questo saltò quando i medici intervennero nel parto e cominciarono a occuparsene loro: non nella case private, ma negli ospedali, dove partorivano le donne più povere. In effetti era da tutti considerato meglio avere il medico: era un gradino in più sul piano scientifico. Fu una catastrofe, un’ecatombe. I medici arrivavano a visitare le donne dopo che avevano toccato altri malati o, peggio ancora, i cadaveri per le autopsie. Non c’era ancora la conoscenza della genesi microbiologica delle malattie infettive, e la madre non era considerata una creatura abbastanza sacra da far pensare che valesse la pena di lavarsi le mani. Comparve la febbre puerperale, un’infezione mortale che colpiva le madri nell’immediato periodo post-parto: dolore addominale intenso, ascessi pelvici, febbre altissima, una morte terribile. Le mani non lavate dei medici portavano lo streptococco beta emolitico. Finalmente due valorosi medici Holmes negli Stati Uniti e Semmelweis in Austria capirono che la febbre puerperale poteva essere abbattuta costringendo i medici a lavarsi e disinfettarsi le mani prima di visitare le donne. Entrambi furono aggrediti in maniera violentissima della comunità scientifica, benché entrambi avessero abbattuto nei rispettivi ospedali la febbre puerperale. Holmes divenne uno scrittore, mentre Semmelweis, dopo aver scritto nel 1861 il suo testo: Eziologia, concetto profilassi della febbre puerperale, con cui salvò decine di migliaia di vite forse milioni, fu rinchiuso in manicomio. Morì per un’infezione. Discorso analogo è avvenuto per l’allattamento: fino a un certo momento si era andati avanti con la levatrice che diceva alla mamma: quando il bimbo piange mettigli la mammella in bocca, lui succhia e andrà tutto bene. Nel 20º secolo la scienza con la S maiuscola è arrivata sull’ allattamento. A un certo punto sono arrivati il latte artificiale e il biberon. Le donne che veramente non possono allattare sono pochissime. I loro figli, gli abbandonati  e i figli delle donne morte di parto fino a quel momento se l’erano cavata con la balia: dato che più si succhia, più si forma latte, una donna può allattare anche due o tre bambini. O, se questo non era possibile, si ricorreva a latte d’asina diluito: il latte artificiale sarebbe dovuto servire per pochi casi selezionati, questi. Fu imposto a tutti. Il biberon rappresenta di nuovo la scienza con la S maiuscola che fa un passo avanti sull’allattamento materno, che ha l’unico pregio di essere assolutamente perfetto. Il latte artificiale ne ha altri che fanno il suo fascino: è misurabile, pensabile, è la scienza con la S maiuscola che fa scintille davanti a questa meraviglia, costa dei quattrini perché qualcuno lo vende. Contrariamente  al latte materno che è naturalmente sterile, il latte artificiale deve essere accuratamente sterilizzato e dato che, contrariamente al latte materno che contiene anticorpi, il latte artificiale non ne contiene, se il processo di sterilizzazione c’è qualcosa che non va allora arrivano le enterocoliti, che sono potenzialmente mortali: le morti da enterocolite da latte artificiale sono state un’ecatombe in Africa. Quante madri ha ammazzato la febbre puerperale? Quanti bambini sono stati ammazzati della enterocolite da latte artificiale? Come si fa fallire l’allattamento naturale così da ricorrere a quello artificiale? L’orologio: il miglior oggetto per far fallire l’allattamento naturale. L’allattamento naturale funziona così: il latte si forma mentre il bambino succhia; tanto più il bambino succhia tanto più si forma il latte. Se un medico con l’orologio in mano dice alla mamma che deve allattare il neonato 15 minuti ogni sei ore, mentre la logica direbbe che deve allattare tutte le volte che il piccolo ha fame e lo segnala col pianto, per sei ore il neonato non è nutrito, ha fame e piange, un pianto che lo sfinisce. È abituato dal cordone ombelicale che lo ha nutrito in continuazione, per lui la fame è intollerabile in queste sei ore piange disperato ed è stravolto dalla fatica. Quando finalmente arriva la mamma, che ha dal medico il permesso di allattarlo 15 minuti ogni sei ore, il bambino è talmente stravolto che si attacca male e poco. Anche se è affamato, per la stanchezza, dopo le prime ciucciate di latte si addormenta, i 15 minuti non bastano. E il latte va via. L’orologio ha fatto fallire innumerevoli allattamenti al seno. Perché il latte artificiale piace così tanto? Perché permette alle donne di lavorare e tornare in fabbrica, perché permette di equiparare la funzione materna alla funzione paterna. Pediatri inglesi hanno raccomandato di non raccomandare l’allattamento al seno perché discrimina, e può far pensare che un bambino ha bisogno di mamma e che se due gay lo tirano su senza mamma forse c’è qualcosa anche di biologico che non va.

https://www.provitaefamiglia.it/blog/donna-lallattamento-al-seno-discrimina

Il latte artificiale quindi fornisce fiumi di soldi, permette alle donne di tornare a farsi sfruttare in fabbrica prima che il periodo di allattamento sia terminato e permette a due tizi entrambi maschi di fingersi genitori plausibili: uno splendore. Facilita la teoria gender: permette una mamma un po’ più piatta, un po’ più simile all’uomo, leva alla donna una bella fetta della sua incredibile ancestrale potenza. I paladini del gender raccomandano il biberon perché l’allattamento al seno è vero che è più sano e migliore, ma favorisce la discriminazione, sottolinea che l’uguaglianza non esiste e che chi la sbandiera nega la realtà, dizione tecnica per dire che è un po’ scemo. Il consumismo ha reso il seno un oggetto erotico, a volte  non più in grado di nutrire per la chirurgia estetica,  per mangiare consumate latte in polvere. Non è un caso che le femministe storiche  detestino l’allattamento al seno. Per esempio Simone de Beauvoir, collaborazionista con la Repubblica di Viscy, firmataria del manifesto dell’orgoglio pedofilo nel 1977, ha spinto la sua misoginia, il suo odio per le madri, ad affermare che sarebbe stato corretto amputare le mammelle tutte le donne e che sarebbe stato molto corretto vietare che una qualsiasi donna se ne possa stare a casa sua ad allevarsi i figli. Tutte le donne devono lavorare e tutti bambini non essere consegnati all’asilo nido, tanto all’asilo nido c’è il biberon. Anche Aleksandra Kollontaj, superba ideologa del comunismo sovietico, antesignana del femminismo, aveva le stesse idee: lavoro obbligatorio, asilo nido obbligatorio. Non c’è bisogno di mamma. Anche l’immonda pratica della cosiddetta gestazione per altri è basata sul fatto che la donna che ha comprato la gravidanza da un’ altra donna o l’ uomo o i due maschi che hanno fatto questo scempio, possono comunque usare un biberon, mettici dentro tre cucchiai di latte in polvere aggiunge acqua ci auguriamo sterilizzata e onestamente il piccolo sopravvive. Ma il latte della mamma è un’altra cosa. Senza mamma il piccolo sopravvive, ma avere mamma è un’altra cosa. E chi nega questo ha perso il senso della realtà, che è una maniera colta per dire che è un po’ scemo.

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