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Home›Generale›Peter Pan e Pauline

Peter Pan e Pauline

By Silvana De Mari
6 Febbraio 2018
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A me di Peter Pan non era mai importato nulla. Non mi piaceva. Non ne avevo capito il senso.

In effetti, non l’avevo nemmeno letto: avevo visto il film della vuol Disney, l’avevo trovato sconclusionato, e consideravo chiuso il discorso.

Mentre cercavo materiale che potesse essere utile a creare una strategia per aiutare i bambini malati, anche quelli gravemente malati, e loro eroici genitori, sono inciampata in questo libro. Tutti i bambini tranne uno, di Philippe Forest.

La frase, tutti i bambini tranne uno, vuol dire tutti i bambini crescono tranne uno, Peter Pan, appunto oppure il bambino che muore. In questo libro ho scoperto il senso di Peter Pan, senso che i bambini ospedalizzati capiscono a volo : come Pauline, la bambina di cui si racconta nel libro, amano Peter Pan.

Ho letto il libro tutto, fino alla fine, non osando interromperlo, esattamente come non oso cambiare canale quando facendo zapping capito sul documentario sul campo di sterminio, sul massacro di Nanchino, sul genocidio degli armeni, perché il dolore innocente ha il diritto alla testimonianza, chi non lo ha subito ha il dovere dell”attenzione.

Il libro è la testimonianza della morte di Pauline, uccisa da un sarcoma in 18 mesi. Mi scuso con coloro che, tra i lettori di questa pagina che hanno figli bambini che sono in mezzo al guado. Sono sicura che questi genitori mi perdoneranno, e che capiranno il motivo per cui devo parlare, in questo momento, di Pauline.

La storia di Pauline è la storia di questa bimba molto amata e delle sue battaglie perse una dopo l’altra contro una malattia che all’inizio sembrava avrebbe potuto essere sconfitta.

E’ la storia dei suoi genitori. Di fronte all’enormità di questa ingiustizia si ripropone il problema del dolore innocente, che è il problema di ogni teologia, ma non è di questo che vorrei parlare il dolore innocente e un tema importante, è la causa dell’ateismo: come possiamo credere in un Dio che tortura i bambini? Al contrario nella fede dell’immortalità delle loro anime che persino il dolore dei bambini acquista un senso.

Siamo nati per non morire mai più. Ma non è questo il tema di questo post.

Il tema di questo post è l’eutanasia.

La giustificazione dell’eutanasia è il dolore: colui che vuole l’eutanasia è una persona buona che non vuole che una creatura condannata soffra, colui che la vieta è una persona profondamente malvagia che desidera che gli innocenti muoiano nel dolore.

Rettifico la mia affermazione precedente: il libro non è la storia della morte di Pauline, e la storia della vita di Pauline, dei suoi ultimi 18 mesi di vita, dell’incredibile felicità con cui questa bimba scoppiava a ridere quando il suo padre raccontava di Peter Pan, e ripeteva le favole, dell’incredibile gioia che è illuminato tutti i giorni buoni, o anche solo migliori.

Pauline è morta, ovviamente, senza dolore. Noi, i signori della scienza della tecnica, da tempo abbiamo trovato i sistemi per abbattere il dolore.

Quando un paziente grida, quando soffre è semplicemente perché non sono stati applicati i mezzi, che esistono e che esistono da tempo, per annullare il dolore.

So di cosa parlo. A mio padre alcuni medici di Bologna tolsero l’analgesico poche settimane prima della sua morte: ci spiegarono compunti che lui ne era diventato dipendente.

Alla madre di un mio paziente perfettamente curata in un ottimo centro oncologico , ricoverata d’urgenza il giorno di Pasqua in un altro ospedale per un’emorragia è stata tolta la morfina “perché era troppa”. La signora è morta 36 ore dopo il ricovero nel dolore.

Ma ripeto leggete il libro, che è di più di 20 anni fa, e scoprirete che già 20 anni fa noi, i signori della scienza e della tecnica, eravamo in grado di far sì una bimba con un sarcoma, il cancro più doloroso, potesse vivere e morire senza dolore.

Solo alla fine, quando i muscoli della bimba si contraggono, i genitori chiedono che le venga fatta una fiala di penthotal, cioè che la bimba venga messa in coma farmacologico.

Una fiala di penthotal: coma farmacologico. Tre fiale di pentothal : eutanasia, morte. Perché uccidere le persone se abbiamo il coma farmacologico?

Qualcuno obietterà se deve stare in coma, tanto vale ucciderlo. No, non è vero, perché in coma, il cervello del paziente anestetizzato, funziona. Se il corpo viene carezzato, se sente una voce dolce, lo percepisce. È comunque un corpo in vita, è un cervello ancora in vita. Inoltre dal coma farmacologico ogni tanto ci si risveglia, e se la sedazione è fatta bene non c’è dolore e si può sorridere e sentire ancora un pezzetto della storia di Peter Pan.

Inoltre quando si ama una persona si spera sempre che arrivi la cura. Qualche volta questi miracoli sono successi: quando arrivarono i sulfamidici, quando arrivò la penicillina: malattie mortali divennero guaribili in ventiquattr’ore.

Ma soprattutto si spia ogni respiro sperando in un ultimo sorriso.

Vorrei riportare la frase del padre di Pauline. Il lungo anno in cui morì nostra figlia fu il più bello della mia vita.

Da quando ho letto la sua storia ogni giorno Pauline è nel mio cuore.

So che quando noi moriamo, lo so per certo, non è una teoria, viene un consolatore d’accoglierci: Pauline sarà il consolatore dei suoi genitori. Pauline, la sua anima, esiste per l’eternità.

L’eutanasia è una follia: chi chiede di morire sta chiedendo in realtà di essere consolato.

Voglio morire vuol dire, vi prego fate qualcosa di meglio per consolarmi.

L’eutanasia, bella morte, non ha niente di bello. Un’altra palata di diritti umani. Non la estendete ai bambini. Non uccidete i bambini.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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