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Uomini e paternità.

By Silvana De Mari
30 Giugno 2021
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Gli uomini nascono maschi per poter diventare padri. Le donne nascono femmine per poter diventare madri.  Nella Bibbia è drammaticamente chiaro come morire senza figli sia una tristezza infinita, sia un destino non attuato. Sacerdoti e suore non hanno figli e questo è un “sacrificio”, da sacrum facere, una situazione straordinaria che è dono fatto a Dio. Il post moderno ha reso la norma non avere figli, lo raccomanda come dono al pianeta, il post moderno odia i figli, quindi odia le madri e odia i padri, si inventa che essere uomini e donne, quindi potenzialmente padri e madri, sia un opinabile costrutto sociale.  Il sesso è fatto di carne e sangue, pene e utero sono fatti di carne e sangue e generano carne e sangue, il sesso esiste perché esista la vita. Il genere è fatto di sillabe, suoni, esiste perché si possa fare l’analisi grammaticale, genere maschie, femminile e, nelle lingue in cui esiste, neutro. Il neutro è per oggetti e batteri, non per mammiferi e noi siamo mammiferi.

Quando abitavo a Losanna passavo tutti i giorni sul lungolago portando il cane, una simpaticissima cagnolina. La tenevo  al guinzaglio corto, senza mai mollarla, perché era pacifica ma avventata e giocherellona e c’era il rischio che, convinta che volessero giocare con lei, si avvicinasse troppo ai piccoli di cigno: in questo caso il cigno padre l’ avrebbe massacrata. Quando ci avvicinavamo troppo a un nido dove la signora cigno covava, il maschio si metteva di fronte a noi, chiarendoci che, se non fossimo stati a distanza, ci avrebbe fatto a pezzi o sarebbe morto nel tentativo.

Il compito dei maschi è la protezione. I cigni del lago di Losanna non lo avevano imparato come costrutto sociale, non era stato imposto né dalla scuola né dalla chiesa. È la base dell’esistenza e della sopravvivenza delle nuove generazioni.

Il neonato umano è l’unico mammifero che viene al mondo facendo un chiasso infernale col suo pianto che spacca i timpani: continuerà per mesi, soprattutto di notte, o forse si notte semplicemente si nota di più. Tutti gli altri cuccioli di mammifero vengono al mondo in silenzio e tengono poi la bocca chiusa perché, se fanno chiasso, attirano il predatore. Il neonato dell’uomo piange perché così commuoverà la mamma che lo nutrirà: quando la donna sente il pianto del suo bimbo dalle sue mammelle comincia spontaneamente a sgorgare il latte, motivo per cui quando allattiamo rinunciamo alle camice di seta. Il neonato piange perché sa che la potenza del padre lo proteggerà dai predatori. I padri hanno impastato mattoni e costruito case, hanno segato il legno e costruito porte perché il loro piccolino possa piangere in pace senza che nessuno gli faccia del male. Il bimbo piange perché mamma lo nutra, col latte che sgorga da solo, e lo può fare, perché c’è il padre con tutto il suo testosterone a proteggere entrambi. Sulla porta di casa è scritto il nome del padre: è il nome dell’uomo che farà a pezzi chiunque osi fare del male al bambino. Noi portiamo il cognome del padre perché nel 99,9% della storia umana, senza padre, non era possibile sopravvivere. Ho il cognome di mio padre per chiarirti qual è l’uomo che ti spaccherà tutte le ossa che hai, se mi fai del male. Porto il cognome dell’uomo che tutti avete il diritto, anzi il dovere di prendere a calci, se mi fa morire di fame mentre si ubriaca all’osteria. Il cognome del padre è fondamentale perché il legame con la madre è biologicamente enorme e rischia di diventare simbiotico e invischiante se non c’è un uomo a un certo punto ad allentarlo, a insegnare al bambino l’indipendenza e il coraggio e insegnandoli mediante l’unico strada per arrivarci: la disciplina.

Il compito del postmoderno è il massacro dei padri, perché il bambino deve appartenere allo stato. Per non sbagliarsi, hanno cominciato col massacro della virilità, descritta come qualcosa di intrinsecamente cattivo. È stato coniato l’osceno termine mascolinità tossica, ed è stato coniato il discutibile termine femminicidio. Esistono uomini immondi esattamente come esistono donne immonde. Non siamo più buone, basta con queste idiozie, abbiamo semplicemente l’aggressività che funziona in maniera diversa, quella maschile è diretta e fisica quella delle donne indiretta e manipolatoria: gli uomini cedono all’infernale capacità di uccidere, noi cediamo all’infernale capacità di spingere al suicidio. Le donne assassinate ogni anno sono circa 130, gli uomini assassinati sono 400, e qualcuno è anche assassinato da una donna, gli uomini suicidi circa 3200 e le donne suicide sono circa 800. L’emergenza in questo paese è il suicidio, soprattutto quello maschile, in parte è dovuto a problemi economici, alla disoccupazione, fallimento, ma in parte è anche dovuto a micidiali schemi manipolatori, all’abbandono e alla criminalizzazione. La distruzione del padre è un disastro per i figli. Secondo gli psicologi Risè, Ricci, Marchesini, Gobbi l’aumento esponenziale di depressione, disturbi alimentari e disturbi fobici nasce dalla perdita del padre, protezione e autorità.

Nelle narrazioni i padri sono criminalizzati o ridicolizzati, padri padroni o scemi. Fantozzi è un padre ridicolo. Homer Simpson è un padre ridicolo, Verdone vestito da boyscout è un padre ridicolo. L’unico padre buono è quello morto: il padre di  Harry Potter.

L’uomo migliore è un non uomo, in quanto androgino o in quando bimbo cronico paralizzato in un’adolescenza permanente. L’androgino è di una noia mortale, come Achille Lauro, tizio che millanta di essere arrivato all’età adulta senza aver capito se è maschio o femmina, imposto in prima serata  come esempio del maschio migliore. L’adolescente cronico, il bambino permanente, con tutte le sue infinite sfumature, l’eterno fuoricorso, l’eterno ribelle, la sardina, è di una noia mortale, è quello che dice  “sono un ragazzo di 40 anni”, che non è diventato uomo, che invece di proteggere sfarfalla.

Gli uomini imbarcati sul Titanic hanno ceduto alle donne il loro posto sulle scialuppe di salvataggio e sono rimasti a morire, gli androgeni non lo farebbero, gli adolescenti cronici nemmeno.

Lo scopo della spettacolare pubblicità all’androgino e del fanciullo permanente è la distruzione del padre: è indispensabile essere un uomo per diventare padre. In compenso, una volta distrutto il padre, una  civiltà muore, sprofondando nella depressione e nella fobia e nella scelta di donne che hanno imparato a non essere donne, a vergognarsi di essere donne e detestano la maternità, rimandandola fino a 40 anni, quando poi scrivono su fb: è l’esperienza più bella della mia vita. Il potere vuole uomini incapaci di diventare padri e donne che credono che l’infinito provilegio della maternità sia uan schiavitù. In una nazione in tragico inverno demografico, dove le nascite si sono ulteriormente abbassate del 20% causa la segregazione da epidemia virale non curata, il modello proposto è un uomo dalla virilità a detta sua incerta, che non servirà né per proteggere né per generare, o un eterno irresponsabile.

I padri scompaiono nelle  separazioni, per ricomparire forse  un weekend su due e al martedì a giovedì sera, diventano più poveri. Il padre separato  a volte torna nella sua stanzetta di ragazzo a casa dei suoi, a volte affitta un letto in apposite tristissime pensioni.

Il rifiuto del padre da parte di figli di genitori separati è quasi sempre dovuto alla propaganda pessima che fa il genitore affidatario, in genere la madre, che mette in cattiva luce l’altro genitore, dimenticando che così facendo distrugge la fede in se stessi dei figli.

La maggioranza delle separazioni è chiesta dalle donne, in alcuni casi per motivi drammatici, o tragici, nella maggioranza dei casi perché i loro uomini hanno l’imperdonabile colpa di non  raggiungere i folli standard di perfezione assoluta raccomandati dalla rubrica di psicologia dei giornali femminili. La maggioranza delle separazioni avviene perché le donne dipendono emotivamente dagli uomini e accusano i mariti di non aver dato loro la felicità che dovevano procurarsi da sole. Molti uomini non sono solo separati, sono rifiutati, e la madre trasmette ai figli, in maniera più o meno implicita,  l’ordine di rifiutare il padre. Il padre viene privato del suo ruolo, cosa che dovrebbe succedere solo per colpe gravissime, e invece succede sempre più frequentemente per elucubrazioni mentali di pessima psicologia spicciola, e, ancora più grave, i figli vengono privati del padre. Per un figlio crescere senza il padre è un danno che moltiplica la fatica di formare un senso del sé forte: aumenta la dipendenza dal giudizio altrui, aumenta il rischio di tossicodipendenza, peggiora le relazioni con l’altro sesso. Il padre che ponendo limiti e insegnando a superare ostacoli, aumenta le competenze, dà il senso del sé.

Il quinto comandamento detta non uccidere, il quarto onora il padre madre, che non è meno importante di non uccidere, anzi, addirittura viene prima. Onorare in questo senso vuol dire brutalmente onorare un debito. Quando questo debito non è onorato, salta il passaggio all’età adulta, si resta adolescenti a vita.

Il padre è l’autorità. Per un figlio occorrono amore e autorità. L’autorità è un forma di amore, senza la quale si naufraga nell’impotenza compensata da deliri di onnipotenza, questo dannato pendolo che oscilla tra “non sono niente” e “sono tutto”, e nel frattempo mi faccio un spinello o i tagli sul braccio.

 

 

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Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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