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Home›Generale›Guardando le date il sospetto di strage di stato in effetti nasce.

Guardando le date il sospetto di strage di stato in effetti nasce.

By Silvana De Mari
14 Aprile 2021
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Una ricerca dell’Istituto dei Tumori di Milano e dell’Università di Siena, condotta su soggetti sani arruolati per lo screening per il tumore al polmone, ha retrodatato a settembre 2019 la circolazione del virus in Italia recuperando i “vecchi” campioni di 959 persone, raccolti tra settembre 2019 e marzo 2020, e analizzandoli: gli anticorpi contro Sars-CoV-2 sono stati  nell’11,57% del totale, anche  campioni raccolti a settembre 2019. Questo vuol dire che sarebbero 7 milioni di italiani contagiati a fine marzo 2020: numero molto vicino alle stime dell’Imperial College, che parlavano di 5,9 milioni di contagiati al 28 marzo. I contagiati sono moltissimi, e quindi il tasso di mortalità è molto più basso di quanto normalmente è considerato. Il dato di una mortalità dello 0,05% per gli under 70 ipotizzato da uno studio dell’OMS molto contestato sembra il più vicino alla realtà.

Il virus è circolato  per mesi senza alcuna chiusura e non ce ne siamo accorti. Siamo anche sopravvissuti. Nei nostri ultimi mesi di libertà tutti medici di famiglia del Nord Italia hanno notato polmoniti atipiche nelle persone anziane e li hanno curati come sempre fanno: un antibiotico, un macrolide, cortisone e eparina. I primi due farmaci per la polmonite, l’eparina per contrastare il rischio di trombosi conseguente alla immobilità del paziente allettato. Con queste cure maggioranza dei pazienti guariva. Una parte moriva, ma almeno sono morti da creature umane, circondati dai loro parenti, hanno avuto diritto anche all’estrema unzione.

Riporto rilasciata il 5 novembre dalla Dottoressa Maria Grazia Dondini alla Nuova Bussola Quotidiana dalla, Medico di base in provincia di Bologna

“Noi medici di medicina generale, tutti gli anni, generalmente da ottobre a marzo, vediamo polmoniti interstiziali, polmoniti atipiche. E tutti gli anni le trattiamo con antibiotico. Si tratta di pazienti che vengono in ambulatorio con sintomi simil-influenzali – tosse, febbre, poi compare “senso di affanno” – che non si esauriscono nell’arco di qualche giorno. La valutazione del paziente e l’evoluzione clinica depongono per forme batteriche; si dà loro un antibiotico macrolide (e nei casi più complicati del cortisone) e, nell’arco di qualche giorno, si riprendono egregiamente con completa risoluzione dei sintomi.

Quest’anno non è andata così… Il 22 febbraio di quest’anno è stata comunicata la circolazione di un nuovo coronavirus[1]. Il Ministero della Salute ha mandato un’ordinanza a tutti noi medici del territorio, dicendoci sostanzialmente che eravamo di fronte a un nuovo virus, sconosciuto, per il quale non esisteva alcuna terapia. La cosa paradossale è che fino a quel giorno avevamo gestito i medesimi pazienti con successo, senza affollare ospedali e terapie intensive; ma da quel momento si è deciso che tutto quello che avevamo fatto fino ad allora non poteva più funzionare. Non era più possibile un approccio clinico/terapeutico. Noi, medici di Medicina generale, dovevamo da allora delegare al dipartimento di Sanità Pubblica, che non fa clinica, ma una sorveglianza di tipo epidemiologico; potevamo vedere i pazienti solamente se in possesso di mascherina FFP2, che io ho potuto ritirare all’ASL solo il 30 di marzo. Ma c’è una cosa più grave.

Nella circolare ministeriale, il Ministro della Sanità ci dava le seguenti indicazioni su come approcciarci ai malati: isolamento e riduzione dei contatti, uso dei vari DPI, disincentivazione delle iniziative di ricorso autonomo ai servizi sanitari, al pronto soccorso, al medico di medicina generale. Dunque, le persone che stavano male erano isolate; e, cosa ancora più grave, il numero di pubblica utilità previsto non rispondeva. Tutti i pazienti lamentavano che non rispondeva nessuno; io stessa ho provato a chiamare il 1500 senza successo. Un ministro della salute che si accinge ad affrontare una emergenza sanitaria prevede che i numeri di pubblica utilità non rispondano?

Un disastro.

In sintesi: le polmoniti atipiche non sono state più trattate con antibiotico, i pazienti lasciati soli, abbandonati a se stessi a domicilio. Ovviamente dopo 7-10 giorni, con la cascata di citochine e l’amplificazione del processo infiammatorio, arrivavano in ospedale in fin di vita. Poi, la ventilazione meccanica ha fatto il resto.

Io ho continuato a fare quello che ho sempre fatto, rischiando anche denunce per epidemia colposa, e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva. Ho parlato con una collega di Bergamo e un altro collega di Bologna, che hanno continuato a lavorare nel medesimo modo, e nessuno di noi ha avuto decessi e ricoveri in terapia intensiva. Anche l’OMS ha dato indicazioni problematiche: nelle prime fasi della malattia ha previsto solo l’isolamento domiciliare, nella seconda e terza fase, quindi condizioni di gravità moderata e severa, l’unico approccio terapeutico previsto doveva essere l’ossigenoterapia e la ventilazione meccanica. A mio modo di vedere c’è una responsabilità anche dell’OMS, perché non ha dato facoltà al medico di valutare clinicamente il paziente.

 

La  circolare del 22 febbraio del 2020 è tuttora rintracciabile sul web. Nella circolare non si accenna a nessuna possibile terapia, si raccomanda un isolamento totale dei pazienti. Si raccomanda che, qualora  i pazienti debbano essere ricoverati in ospedale, è obbligatoria una stanza singola con bagno dedicato. Chiunque li avvicini deve avere un tipo di mascherina che nessuno ha perché non sono state distribuite, quindi nessuno li avvicina. .

Vengono riportate, ulteriormente esasperate, le regole igieniche normalmente usate per l’Ebola, cioè una malattia mortale per cui non ci sono terapie.

Vorrei attirare l’attenzione  sulla data: 22 febbraio. Tre settimane prima il dottor Burioni Roberto, esperto probabilmente in qualcosa, ma non ho mai capito in cosa, ha ufficialmente dichiarato alla televisione italiana che virus non stava circolando.. Il 2 febbraio tale Speranza Roberto, ministro della salute di questa nazione per motivi che continuano a restarmi ignoti, dichiara: non bisogna creare allarmismi perché la situazione è sotto controllo.

Il 5 febbraio con il decreto numero 371 viene istituito il comitato tecnico scientifico, il che è piuttosto curioso tenendo presente che tutti ci rassicurano sul fatto che non ci sia niente da tenere.

Il 15 febbraio, una settimana prima della circolare che dichiara i pazienti morituri senza speranza perché sta circolando una malattia di tale inaudita letalità che l’unica cosa da fare è isolare i pazienti come se fossero radioattivi, e una settimana dopo l’istituzione del CTS, tale Di Maio Luigino Ministro degli Esteri per meriti imperscrutabili,  regala alla Cina un numero imprecisato di tonnellate di dispositivi di protezione individuale tra cui mascherine, tute, guanti occhiali.

Il 21 febbraio si registrano i primi due casi in Veneto, a Vo’ Euganeo, il 22 febbraio arriva una circolare che dice: morti tutti, l’unica speranza è rinchiuderli a morire da soli così da salvare gli altri.

Le alternative sono due o tutti protagonisti della sceneggiata sopra riportata hanno avuto problemi cognitivi, oppure risulta francamente difficile credere alla buona fede. Le date non quadrano. Mentre minimizzano, sperperano quattrini nel CTS. Mentre  regalano mascherine ai cinesi, preparano una circolare da Ebola. I morti sono morti perché non sono stati curati, sono stati isolati, abbandonati, terrorizzati.

È venuta un’ambulanza a prenderli a casa e poi sono state restituite le ceneri .

Sarebbero bastati antibiotico, cortisone eparina e anche un po’ di idrossiclorochina per bloccare il meccanismo autoimmune con cui il covid scatena trombocitopenia e trombosi, e sarebbero in stragrande maggioranza ancora vivi.

[1] Circolare_Ministero_della_Salute_n._5443_del_22_febbraio_2020.pdf

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