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Buttare benzina sul fuoco.

By Silvana De Mari
6 Giugno 2025
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Non date da mangiare al drago. Non buttate benzina sul fuoco. Qual è la definizione di orco? L’orco è colui che ha come scopo l’uccisione dei bambini; quando può li uccide con particolare ferocia, felice di causare dolore, dopo averli uccisi festeggia. L’uccisione del bambino e il dolore sono lo scopo dell’orco. L’azione dell’orco non è un atto di guerra. I bombardamenti di Dresda e Berlino, per citare i due più terribili, avevano lo scopo di causare una resa. I morti che hanno provocato erano il mezzo per ottenere un fine. Nei campi di sterminio la morte era il fine. Israele combatte dal 7 ottobre una guerra che non voleva e che è stata provocata. Gli zuzzerelloni di turno stanno scrivendo che il 7 ottobre non è mai esistito, ma che in realtà Israele se lo è cercato o se lo è fatto da solo, per il piacere di subire bombardamenti da ovest, Gaza, nord, Libano, est, Iran e sud Yemen, di avere l’economia distrutta, e di mandare i propri soldati a morire, fino ad ora sono 3000 caduti dell’esercito israeliano. Scrivono che il 7 ottobre era la scusa per occupare Gaza. Israele aveva già Gaza: se ne sono andati nel 2005, nella speranza della pace,  lasciando dietro di sé infrastrutture favolose, desalinizzatori,  impianti di irrigazione, serre, che sono state poi distrutte in quanto “sioniste”. Durante la presenza israeliana a Gaza sono stati costruiti scuole, ospedali, strade e la popolazione è raddoppiata, grazie al benessere. Coloro che hanno massacrato il 7 ottobre sono stati in tutto e per tutto orchi. Hanno bruciato, stuprato, deriso il dolore. Hanno ucciso bambini, sventrato donne incinte. Hanno rapito due fratellini, rispettivamente di 10 mesi e 4 anni, rapiti insieme alla loro mamma, per poi essere strangolati un mese dopo il loro rapimento. Qual è stato lo scopo del massacro del 7 ottobre? Scatenare la risposta israeliana, che era inevitabile. O forse no? Se tutto il mondo, Papa, vescovi, cardinali, parroci e frati, ogni singolo giornalista, ogni singolo blogger, ogni singolo attore, ogni singolo regista e soprattutto ogni personaggio politico da  Putin all’ultimo deputato 5 stelle, si fossero alzati in piedi compatti con le bandiere israeliane in mano, per  esprimere la loro indignazione, e la vicinanza al paese ferito, forse Israele si sarebbe fermata. Se ogni singolo occidentale si fosse offerto come ostaggio in cambio dei due fratellini rapiti, forse Hamas sentendosi disapprovata avrebbe restituito gli ostaggi e Gaza sarebbe in piedi. Non è successo niente di tutto questo. Non solo le condoglianza sono state poche, svagate e sussurrate con poche parole di circostanza, ma al contrario, sono iniziate immediatamente le accuse di genocidio. L’accusa di genocidio è una costante quando si parla di Israele. Mentre guerre atroci insanguinano il mondo nell’indifferenza generale, da sempre gli occhi sono puntati su Israele. Anche nel 1982 Israele è stato accusato di genocidio, come sempre non aveva cominciato la guerra, e come sempre era stato considerato irrilevante che si stesse difendendo.  Israele aveva risposto al fuoco del Libano e come in tutte le risposte militari aveva causato morti civili. Lo scopo della guerra era far cessare gli attacchi dal Libano, ma ugualmente gli zuzzerelloni di turno hanno accusato Israele di genocidio, e hanno buttato una bara davanti alla sinagoga di Roma, accusando quindi tutti gli ebrei del mondo, inclusi quelli di Roma, della inevitabile risposta israeliana presentata come qualcosa di arbitrario e crudele. Poche settimana dopo la sceneggiata della bara, un’accusa a tutti gli ebrei di essere assassini, quella bara è stata riempita, con la morte di Stefano Tascè, bimbo ebreo di 2 anni ucciso davanti alla moschea di Roma, per ordine di tale Arafat, a cui in Italia si intitolano le strade. Per i palestinesi tutti gli ebrei sono colpevoli a prescindere, e tutti i loro fan condividono lo stesso concetto, come è stato dimostrato a New York pochi giorni fa, ma anche tutti i cittadini di un qualsiasi stato che ha relazioni diplomatiche con Israele merita la morte. Questa è la giustificazione del terrorismo internazionale. Non esiste un terrorismo tibetano come non è esistito un terrorismo armeno. Gli ebrei reduci dai campi di sterminio non hanno fatto saltare bus scolastici a Berlino. Il terrorismo contro civili non nasce dal dolore di un popolo: nasce dalla cultura di morte in cui quel popolo è immerso. Questa cultura di morte che è arrivata al suo punto più basso con il mito del bambino terrorista suicida, è stata fecondata e irrigata da Arafat. Dopo Arafat è arrivato Hamas. Lo scopo del 7 ottobre era scatenare la reazione israeliana. La risposta israeliana inevitabilmente avrebbe causato morti civili, e quelle morti civili, soprattutto bambini, erano e sono la benzina fondamentale per far rinascere l’antisemitismo europeo, farlo zampillare così da rendere accettabile l’idea della distruzione di Israele, e rendere un inferno la vita di ogni ebreo nel mondo. Le vittime civili devono essere il più possibile, soprattutto donne e bambini. Lo hanno spiegato chiaramente capi di Hamas. Questo è il motivo per cui ai civili è vietato l’ingresso nei 500 km di tunnel che costituiscono una terrificante città della morte e della guerra sotto casa, ma che sono anche ottimi rifugi antiaerei. Non esiste nessuna fotografia di bambini palestinesi in un rifugio antiaereo. Il loro numero è ulteriormente aumentato da menzogne. Con l’intelligenza artificiale sono stati creati lacrimosi spettacoli. Se però i numeri sono taroccati, e se è innegabile che le immagini siano fatte con intelligenza artificiale, e in modo anche parecchio ingenuo, è altrettanto innegabile che dei bambini veramente morti lì ci siano. Cosa dobbiamo fare per evitare questi morti? Quello che adesso tutti stanno facendo, parlarne, è il miglior sistema per aumentare questi morti. Il male sfrutta la parte migliore di noi, in questo caso la compassione per i bambini. Innumerevoli persone ai loro balconi o sulla loro pagina Facebook stanno esponendo la bandiera di Hamas, pensando che esporre quella bandiera voglia dire: mi dispiace per i bambini palestinesi uccisi. Il fatto che quasi nessuno abbia esposto la bandiera israeliana il 7 ottobre vuol dire chiaramente che dei bambini israeliani non importa nulla o, peggio, che si ritengono gli ebrei mentitori che si sono inventati la morte dei loro figli pur di poter uccidere. I significati della bandiera di Hamas, soprattutto se esposta da gente che non ha esposto quelle israeliana il 7 ottobre , sono tre: voglio la distruzione dello Stato di Israele, articolo uno di Hamas, voglio lo sterminio di ogni ebreo nel mondo, articolo sette di Hamas, ho trovato lodevole e grazioso l’assassinio di civili inermi israeliani, incluso donne e bambini, e lo strangolamento dopo un mese di terrificante prigionia, dei fratellini con i capelli rossi. Secondo alcuni la cosa da fare è esporre entrambe le bandiere, quella di Hamas e quella di Israele. In realtà anche questo è sbagliato perché vorrebbe comunque continuare a tenere l’ attenzione sul conflitto del Medioriente, conflitto fortunatamente molto meno sanguinoso di altri, e questa azione è il motore di tutto. Qualcuno ricorda i morti causati da Putin in Cecenia? Avevano fatto l’attentato di Beslan, 300 bambini uccisi. Qualcuno ricorda il numero dei morti nella guerra in Iraq? Avevano le armi di distruzione di massa. No, forse non ce le avevano. Qualcuno ricorda accuse di genocidio? I morti in Siria pare siano stati 50000. La nostra attenzione, e la nostra compassione, è la benzina della distruzione del medio oriente e dell’assassinio dei suoi bambini. Nella sola giornata della 29 maggio sono stati pubblicati ben 61 articoli sulla stampa nazionale dedicati a Gaza e dintorni: la parte stranamente divertente è che sono accompagnati dalle parole “per vincere l’ indifferenza” o “per vincere il silenzio”. Il silenzio? 61 articoli? È quindi evidente che l’ indifferenza è quella delle nazioni che non hanno ancora fatto una coalizione per distruggere Israele. Dato che la nostra compassione è diventata il motore del male dobbiamo trincerarci nell’indifferenza, o almeno dobbiamo manifestarla. Dobbiamo dichiarare ad alta voce che non ci importa, non ci è mai importato né ma ci importerà delle sofferenze dei palestinesi. È falso? A maggior ragione dobbiamo dichiararlo perché l’unica maniera perché quel popolo possa uscire da quelle sofferenze. È inutile che ammazziate altri bambini israeliani perché i vostri possano essere esposti ai bombardamenti: non ci interessa.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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