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Jotti Leonilde not for president

By Silvana De Mari
17 Dicembre 2019
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Il dopoguerra è stato il miracolo economico. Con il coraggio dei miei padri, i vostri nonni, e i quattrini del piano Marshall ( God bless America) siamo diventati una potenza industriale. Ci sono stati scompensi enormi certo, ma nulla rispetto alle sofferenze inimmaginabili che hanno subito il popolo russo e quello cinese per diventare potenze industriali. Nessuno ha mai cercato di superare il
Muro di Berlino da est a ovest.
La mafia si è rinforzata e la camorra è nata per il denaro che girava,
ci sono stati speculatori e speculazioni, ma siamo diventati una potenza industriale in una generazione: sono scomparse la scabbia e la pellagra, e la tubercolosi è crollata.
Ora una simpatica immigrazione incontrollata potrebbe tamponare la mancanza di scabbia e tubercolosi, ma la pellagra che è una disvitaminosi, resta estinta.
Togliatti ci trovava nauseanti, mandolinari e mafiosi, e aveva con orgoglio stracciato la cittadinanza italiana a favore di quella sovietica, segno di intelligenza assoluta.
Hanno vinto le vecchie, i preti e i deficienti , commentò quando il popolo
italiano si rifiutò di suicidarsi e dargli il paese in mano perché lo consegnasse a Stalin: a sinistra non hanno una grande stima di noi, che siamo il popolo, e siamo talmente cialtroni che il paese a chi ci disprezza non glielo diamo. Togliatti di Stalin approvò tutto, dal patto Ribbentrop Molotof,(il trattato di non aggressione tra Unione Sovietica e la Germania nazista, con la Polonia spartita equamente come una torta al formaggio tagliata in due), alla deportazione in Siberia,, quando non direttamente morte, di milioni di innocenti tra cui i comunisti italiani scappati in Russia.
In questo momento siamo in fase di beatificazione della sua compagna, Jotti Leonilde che non mi ispira tutta questa ammirazione. La signora Jotti, insieme a Togliatti Palmiro  è partita dall’Italia per andare a portare l’approvazione del suo sorriso fermo e dolce alla condanna a morte dei 1200 antifascisti ( loro sì, antifascisti), italiani espatriati in Russia ( di quelli espatriati in Crimea il boia fu Paietta), la signora Jotti Leonilde tenne la sua femminilità sobria e intelligente a fianco di Togliatti Palmiro anche quando lui ordinò lo sterminio nel triangolo di Reggio Emilia di un numero di Desaparecidos che con esattezza non conosceremo mai, finiti spesso nel trogolo dei maiali per cancellarne le tracce. Erano stati fascisti, ci informano. Davvero? Fascisti più di Napolitano, di Scalfari Eugenio e di Dario Fo?
Qualcuno fascista lo era stato senz’altro, tra loro sicuramente anche carnefici, ma non
avrebbero avuto diritto a un processo? Tanto più che pare che solo una piccola parte fossero carnefici fascisti, e che tra gli altri ci fosse di tutto.
Moltissimi sono stati condannati perché erano antipatici a qualcuno, per depredarli o perché erano uomini abbastanza forti da dare l’impressione che avrebbero combattuto in caso di colpo di stato.
Di Nilde Jotti è innamorata tutta la società civile, io che faccio parte di quella incivile nonché moralmente inferiore affermo che la signora di sobria e intelligente bellezza è stata l’incarnazione di un principio infinitamente più tragico della banalità del male: non ha ceduto a una dittature imperante, ha fatto tutta la strada necessaria per andare offrire la sua approvazione davanti a carnefici di decine di milioni di innocenti dall’altra parte del mondo. Stalin aveva abbassato l’età
minima per essere fucilati dai 14 anni cui Lenin l’aveva fissata, l’aveva portata a 12 anni.
Siamo negli anni 50.
Alla signora Jotti Leonilde si riempivano sempre gli occhi, occhi molto belli senza
necessità di trucco, quando andava a incontrarlo, per la commozione
della sua grandezza.
Sono importanti nella vita di ognuno di noi i ricordi più vecchi, i primi ricordi della nostra vita. I miei risalgono a Tramariglio in Sardegna, avevo tre anni. In uno c’è questo urlo di mio padre seduto vicino alla radio, un ciclopico parallelepipedo di radica e paglia di Vienna.
“Vigliacchi” urla mio padre.
Mia madre accorre con il solito “ Alberto, cosa dici, ci sono le bambine.” Finalmente capisco che papà è arrabbiato perché in un posto chiamato Ungheria sono arrivato dei tizi chiamati Russi, ​ma i vilii non sono quelli: sono tutti coloro che con le terga al sicuro di solide democrazie hanno approvato lo scempio.
Mi scusate quindi se non partecipo alla beatificazione della bella e legante signora? I fiori preferisco portarli sulle fosse comuni dei gulag, dove i morti hanno almeno avuto una collocazione, mentre i morti di Reggio Emilia sono senza nome e senza tomba. Anche la decenza minima per il corpo del nemico così da concedergli una tomba è stata persa. Grazie Palmiro e grazie Nilde, un grande uomo
e una grande donna, di grandezza certo inferiore ma non dissimile del grande Stalin, ricordato alla sua morte su L’Unità, come uno dei più grandi benefattori dell’umanità
Dei geni.
Ai beatificatori della signora Jotti Leonilde: ma voi avete capito chi era Stalin? Avete capito cosa è
successo? Di quanti milioni di morti avete bisogno per avere un sussulto di indignazione?
TagsJotti LeonildeStalin Giuseppe.Togliatti Palmiro
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Silvana De Mari

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