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Home›Generale›Giulio Meotti e la banalità del male.

Giulio Meotti e la banalità del male.

By Silvana De Mari
7 Febbraio 2020
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È stato violentemente aggredito il giornalista Giulio Meotti, per un brillante articolo sul Foglio su Menghele, il medico nazista ufficiale delle SS che ad Auschwitz indicava con un cenno della mano chi poteva vivere e chi doveva morire. Mengele compì numerosi esperimenti su creature umane, di cui i più crudeli sono quelli sui bambini gemelli, cui pochissimi sopravvissero. I bambini furono sottoposti a innumerevoli biopsie senza anestesia, furono costretti a portare per periodi lunghissimi la sonda nasogastrica. Furono loro strappati i capelli per esaminarne i bulbi. Il mostruoso numero di prelievi di sangue cui erano sottoposti, fatti con aghi di fortuna, riempiva le loro braccia di lividi enormi e contribuì ad anemizzarli in maniera grave. Mai catturato, Mengele morì in Brasile. È uno dei paradigmi del Male. Il fatto che sia e resti il paradigma del male, non contrasta che fosse un medico preparato.

Nell’articolo, Meotti riporta le conclusioni di un libro  in uscita questa settimana, “Mengele: Unmasking the Angel of Death”, autore Marwell, che spiega che Mengele fosse un medico molto colto, con importanti titoli accademici e molto ben introdotto nell’ambiente scientifico, ambiente di cui facevano parte diversi premi Nobel, diversi scienziati che avevano fatto esperimenti su creature umane. I due gruppi avevano qualche elemento in comune. Le affermazioni di Giulio Meotti sono assolutamente vere e provate, però hanno scatenato un vespaio. Mengele era cattivo, quindi doveva essere anche stupido, ignorante e brutto. Chi nega fosse ignorante, nega sia stato cattivo. Questo è un meccanismo tipicamente isterico, si chiama “legge o tutto o nulla”, ogni cosa deve essere interamente buona o interamente cattiva.

L’articolo di Giulio Meotti è una benedizione, come tutti gli articoli di Giulio, perché dice la verità e che dice la verità sta anche seminando verità e permette altre verità.

La verità è la banalità del male. Molti dei medici aguzzini di creature umane e di bambini erano bravi dal punto di vista tecnico. Si può essere preparati ed essere malvagi. Oppure si può essere prearati e diventare malvagi. L’articolo di Meotti sottolinea di nuovo la banalità del male. Chiunque non abbia regole etiche solide, anzi rigide, anzi granitiche, può con l’occasione, scivolare nel male e dato che il cervello umano è basato sulle abitudini, nel male poi ci resta. L’occasione è un  totalitarismo sadico al potere. Menghele e i suoi accoliti, molte SS, molti uomini della Gestapo, oppure della Lubianka, non erano nati criminali, non avevano alle spalle famiglie feroci che avevano segnato le loro esistenze. Erano persone normali. Se Hitler non avesse mai preso il potere, Mengele avrebbe fatto il serial killer o sarebbe stato un medico qualsiasi magari di buona preparazione? Le SS e gli uomini della Gestapo se Hitler non avesse preso il potere sarebbero stati tutti serial killer, o sarebbero stati bottai osti, contadini insegnanti, persone normali. Se il Partito Comunista Sovietico non avesse preso il potere, tutti coloro che avrebbero poi lavorato nella polizia dei gulag, macchiandosi di crimini feroci e di un feroce gioia nel fare male, con gesti di sadismo anche contro bambini, oltre che contro inermi, avrebbero fatto i serial killer o avrebbero fatto i tizi normali con lavoro normale. I Giapponesi che hanno macellato la Manciuria, che hanno fatto a Nanchino il più grosso e feroce massacro della storia, se il loro imperatore  avesse avuto l’hobby del giardinaggio invece che della guerra, sarebbero diventati tutti serial killer o si sarebbero fatti gli affari loro in una tranquilla vita fatta di cose normali?

In una popolazione normale quindi c’è uno zoccolo duro che ha una morale forte, o se preferite rigida e non cede mai, e una popolazione con una morale più flessibile, opinabile e malleabile che cede alla banalità del male, prima uccidendo un disabile grave, poi un disabile un po’ meno grave, poi sempre più verso l’inferno come una pallina su un piano inclinato. Nel bel libro Una ragionevole strage (ed Lindau) la scrittrice Mirelle Horsinga Benno racconta come scoprì che l’amato zio, ottimo medico, aveva soppresso migliaia di disabili, all’inizio usando l’ossido di carbonio, cioè un sistema abbastanza indolore, alla fine divertendosi a sparare loro addosso.

E qui si arriva alla seconda deduzione. Il cervello umano è basato sulle abitudini, inclusa l’abitudine al male. Si abitua e ne vuole dosi sempre più forti, esattamente come per ogni dipendenza.

La crudeltà non nasce dall’ignoranza, non nasce dal disagio sociale, non nasce dal fatto che hai perso una guerra, non nasce perché l’hai vinta. Al contrario, come ripete il filosofo Ellul, gli istruiti sono soggetti a una propaganda micidiale e senza contraddittorio subita sui banchi di scuola, Menghele dimostra che non è l’istruzione l’antidoto alla ferocia, ma la Legge. È la legge che impedisce il primo passo e la pallina non si mette in moto sul piano inclinato. Persone molto ignoranti, in grave disagio sociale, ma con la Legge dentro di sé non hanno ceduto al male, e anzi hanno cercato di soccorrere.

La ferocia nasce nel cervello umano perché il cervello umano contiene i semi della ferocia e del sadismo, quello che in campo cristiano si chiama peccato originale, è se non è ancorato a principi non negoziabili il rischio di deragliare è alto, e poi ci sarà il piacere di deragliare e lo si farà a dosi sempre più grandi. Qual è il piacere del sadismo? Davanti al dolore di un altro, mi sento forte, sulla sua paura, sul suo terrore per contrasto mi sento forte e sentirsi forti è piacevole. È la stesso meccanismo per cui la gente, gente normale, con bambini e vite normali, andava a godere della morte atroce nel Colosseo e negli altri teatri. Per questo è importante La Legge, non uccidere non rubare, non rubare la vita schiavizzando, non rubare il dolore, non dire falsa testimonianza, non ti inventare che un’altra creatura umana non abbia umanità.

La guerra a Meotti la fanno con lo stesso mezzo con cui la fanno a me e agli altri reprobi: si prende una frase isolata dal contesto: “Meotti ha detto che Menghele era uno scienziato”, ed il gioco è fatto. Le commissioni contro l’odio, contro le fake news, contro il mettersi le dita nel naso e contro il non salutare la vicina di casa, dovrebbero chiedere una sola cosa: quando si cita una persona, occorre scrivere almeno dieci righe, così che quello che sta veramente dicendo si possa evincere. Io ho una comunicazione molto sarcastica, ironica e soprattutto paradossale: una frase isolata dal contesto può avere essere assurda o molto aggressiva. Spesso rinuncio  alla battuta paradossale perché penso all’effetto che potrebbe fare isolata e riportata. Anche massacrare una persona su internet è una forma di sadismo, certo piccola, ma che consente di sentirsi forti e in gruppo, spalleggiati e amati, anche questo è banalità del male.

Onore a Meotti che ci racconta la grigia e implacabile banalità del male, ma ci racconta anche la forza del coraggio la forza del bene. La sua voce è una delle poche che racconta la storia del piccolo stato di Israele, una delle pochissime che si alzano a contare i cristiani massacrati nelle terre dell’islam e che piange le cattedrali bruciate in Europa, il bizzarro fenomeno dell’autocombustione di massa, quindi una voce preziosa.

 

TagsGiulio Meottila banalità del maleMengele
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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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