I genitori che troppo accarezzano i figli non li educano alla virtù.
Proverbio desueto, appartenuto a epoche passate, riportato solo su almanacchi talmente antichi che ancora vi compare la antiquata parola virtù.
I bambini sono passati dalla catastrofica pedagogia nera alla ancora più catastrofica assenza di linee direttive, che potremmo riassumere nel neologismo apedagogia postsessantottina. Il principio guida della pedagogia nera, il cui massimo esponente fu il medico tedesco Shreber, era la intrinseca cattiveria del bambino, che doveva quindi essere educato all’obbedienza assoluta, al totale controllo degli impulsi, e reso adulto precocemente. Era vietato prendere in braccio i bambini, le donne dovevano allattare chine sulle culle, era vietato rispondere al pianto, i bambini erano duramente puniti alla minima infrazione e dai sei mesi di vita in poi era obbligatorio lavarli solo con acqua fredda, anche in inverno. Per addestrarli alla verità e all’obbedienza era consigliato di lasciarli soli a lungo con una ciotola piena di qualcosa di piccolo, ciliegie, caramelle o qualcosa di simile. Poi l’esaminatore rientrava nella stanza e chiedeva con aria arcigna se il bambino aveva mangiato qualcosa. Le ciliegie o caramelle erano state accuratamente contate. Se il bambino aveva ceduto e aveva poi avuto l’ardire di mentire, come in effetti sarebbe istintivo davanti all’aria arcigna dell’esaminatore, era punito fino allo sfinimento. Questo rendeva il bambino assolutamente ligio al dovere e all’esecuzione di ordini, a volte incapace di menzogna, e privo di empatia. La incapacità a mentire è un sintomo importante spesso legato a mancanza di empatia. L’empatia si forma con maggiore difficoltà dove il bambino non abbia avuto in diritto di essere compreso. Si tratta di persone che vivevano con pesanti linee direttive ed erano linee disegnate da altri. La apedagogia postsessantottina afferma la intrinseca bontà del bambino che deve quindi essere lasciato totalmente libero, affidato ai suoi impulsi e inchiodato a un’infanzia cronica che dura fino a 45 anni per poi trasformarsi in adolescenza permanente. La pedagogia nera ha creato individui frustrati e incapaci di empatia, la apedagogia crea disturbi borderline di personalità, ulteriormente peggiorati dall’uso abituale della cannabis. Il disturbo borderline di personalità è attualmente considerato normale, al punto tale che vengono serenamente mostrate le cosiddette crisi pantoclastiche, accessi di collera durante i quali si spacca tutto, tipiche di questo disturbo. I Maneskin che spaccano i loro strumenti e il tizio che prende a calci i fiori sul palco di Sanremo mostrano, vera o simulata che sia, una crisi da disturbo borderline di personalità. Il disequilibrio, anche se non necessariamente grave fino al disturbo borderline di personalità è una situazione favorevole per un essere umano che debba vivere senza: senza lavoro, senza coniugi, senza famiglia, senza casa né auto (ma potrebbero avere un monopattino), senza nazione, senza identità, senza religione, senza emettere emissioni, soprattutto senza figli che emetterebbero emissioni, per cui pillola e aborto sono gratis, senza creare disturbo. Le terrificanti dittature del secolo precedente avevano bisogno di frustrati esecutori di ordini disfunzionali. Le terrificanti dittature odierne necessitano di persone in disequilibrio permanente che diventano esecutori di ordini disfunzionali. Si intende per ordine disfunzionale un ordine che è contro l’interesse dell’individuo e della sua etica, uccidi gli armeni, distruggi la chiesa dei tuoi avi e poi porta tuo padre in un gulag, uccidi gli ebrei, prendi Stalingrado e poi resta lì a morire, chiuditi in casa per il terrore di una malattia curabile con lo 0,2% di mortalità, caccia dal lavoro chi rifiuta una terapia genica sperimentale e auguragli di diventare poltiglia verde. Questo è difficile da capire, sicuramente contro intuitivo. Tutti abbiamo l’impressione che sia più facile dare ordini, soprattutto se si tratta di ordini che sono contro la loro etica e contro il loro interesse, a persone inquadrate e coperte, cronicamente in assetto militare piuttosto che a variopinti fricchettoni sempre un po’ strafatti di cannabis o pornografia. E invece la cosiddetta pandemia e la sua incredibile gestione, tutta la problematica gender e quella climatica, la guerra in Ucraina, dimostrano come sia enormemente facile dare a persone destrutturate ordini contro il loro interesse e contro l’etica. Lo intuisce e lo spiega Lucien Cerise nel libro Gouverner par le chaos, governare attraverso il caos, prezioso testo sull’ingegneria sociale e la mondializzazione. L’ingegneria sociale è sempre una violentissima forma di sovversione sociale. La società si forma spontaneamente, adattandosi alla necessità, creata dalla somma della azioni di tutti gli uomini, ognuno unico e irripetibile. L’ingegneria sociale desidera sterminare questa struttura spontanea e sostituirla con una struttura “ideale”, secondo un ideale che appartiene alle élite e che per la gente sarà una dannazione. L’ingegnerizzazione sociale ha diversi passaggi che Cerise spiega molto accuratamente, e deve obbligatoriamente cominciare creando una situazione di urgenza assoluta, così da destabilizzare la popolazione e impedire qualsiasi dubbio e discussione. La pandemia è stata un’emergenza, l’emergenza climatica è appunto chiamata emergenza, chiunque faccia sprecare tempo ed energia in dubbi, richieste di chiarimenti, osservazioni su irrazionalità, contraddizioni e scempiaggini diventa un nemico del popolo e della sopravvivenza del pianeta. Il gender è un’emergenza permanente, basata sulla spaventosa supposta fragilità delle persone con orientamento non fisiologico e con l’idea di avere un’identità sessuale varia e cangiante, che potrebbero crollare in una depressione senza speranza e scivolare verso il suicidio se usiamo il pronome sbagliato, le parole uomo e donna, le parole padre e madre, diciamo che ci piace Dante, che ci dà la nausea la gravidanza per altri e che non vogliamo finanziare i Pride dove la nostra religione è ingiuriata. C’è quindi un obbligo di dissociazione dalla realtà, per emergenza psicologica permanente. Le dittature, quelle di acciaio del secolo precedente e quelle fluide e glitterate attuali, hanno bisogno di pedagogie ad hoc per creare i loro servi ideali. Per allevare i figli occorre quindi amore e severità. Un genitore amorevole e severo non è un ossimoro, ma un pleonasmo. Un genitore che ami i suoi figli, deve porre limiti e soprattutto deve porgere ostacoli da superare, perché solo superando gli ostacoli si forma il senso del proprio valore. È soprattutto il padre che ha questo compito e quindi per creare un popolo di servi perfetti della destrutturazione occorre abbattere i padri. Il peggior rappresentante dell’odio al padre è stato Marcello Bernardi, che vedeva nella famiglia una cellula dell’odiato patriarcato con il padre che rappresentava il capitale e la madre e figli che rappresentavano in proletariato in lotta permanente. Un genitore deve dare amore senza condizioni, amiamo i nostri figli anche quando disubbidiscono o combinano guai, ma amare i nostri figli non impedisce di pretendere che il letto sia rifatto al momento di andare a scuola e che i voti di scuola non scendano sotto la decenza e la sufficienza, perché altrimenti il messaggio inconscio che trasmettiamo è “tanto non sei capace”, una perdita totale di fede in sé stessi. Parlano di come allevare i figli innumerevoli libri. Tra i molti ho amato molto Il bambino capovolto, di Giampaolo Nicolais e Non avere paura mamma, di Rachele Sagramoso. Giampaolo Nicolais è un docente di Psicologia dello sviluppo che ha scritto un dolente saggio dove parla della tristezza delle nostre strade dove ci sono sempre più cani e sempre meno bambini, dell’orrore della cosiddetta maternità surrogata, dell’importanza per un bambino di avere amore e protezione, e qualcuno che abbia il coraggio di indicare la strada, porre limiti e ostacoli da superare, perché solo così possiamo imparare la forza, e che l’etica è una forma di amore. Rachele Sagramoso, ostetrica, scrive un libro pieno di scienza e tenerezza, dove alterna linee teoriche sul processo educativo ad aneddoti dei suoi sette figli o dei bambini della amiche, di bambini veri, cioè, fatti di gambe, braccia, affetto, e capricci. Non avere paura mamma, e non abbiate paura bimbi. La vita è un’avventura straordinaria e le porte degli inferi non prevarranno. Il gran reset fallirà. Sconfiggeremo il caos.