Una via per i bambini.

A Modena il sindaco Mass Mezzetti ha annunciato la dedica di una strada ai bimbi di Gaza, secondo la proposta dell’ ARCI Civica 15A. Perché solo i bambini di Gaza? Quelli morti in Ucraina e in ogni altra guerra, valgono meno? Ha espresso la sua perplessità solo l’onorevole Carlo Giovanardi: ha fatto sentire la sua voce chiedendo che la strada sia intitolata ai bambini israeliani e a quelli palestinesi, vittime tutti della guerra. In questa maniera la strada poteva essere una forma di pacificazione. Dedicarla solo si bambini palestinesi vuol dire considerare giusto e corretto il massacro dei bambini israeliani il 7 ottobre, mitragliati nelle loro cull, bruciati vivi, decapitati. La via dedicata ai soli bambini di Gaza, scatenerà l’immondo odio antisemita e la caccia all’ebreo, calpesterà per l’ennesima volta i morti del 7 ottobre. In realtà sarbbe importante dedicare mille strade ai bambini vittime di guerra e diecimila ai bambini vittime del
terrorismo: i bambini israeliani, quelli di Beslan, tutti gli altri bimbi uccisi da genete che rideva guardandoli in faccia mentre li uccideva.
Certo, tutti vittime della guerra, ma non tutti con lo stesso status, i bambini palestinesi sono vittime accidentali di qualcuno che stava cercando di neutralizzare le rampe che sparano razzi su casa sua, dopo aver sparso volantini che invitavano a levarsi di sotto. I bambini israeliani sono vittime intenzionali, uccise ridendo con il massimo dolore possibile. Nel suo ottimo saggio “La nuova caccia all’ebreo“, Pierluigi Battista descrive l’orrore dell’antisemitismo esploso dopo il 7 ottobre. Concordo pienamente con l’autore sul fatto che il rigido pudore israeliano che ha impedito di trasmettere in mondovisione gli atroci video girati dai dalle belve di Hamas il 7 ottobre sia stato un errore: i video mostrano i miliziani mentre uccidono scientemente bambini israeliani, ridendo, davanti alle loro madri. L’8 ottobre tutte le nazioni avrebbero dovuto alzare la bandiera israeliana dopo aver abbassato la propria a mezza asta. Dopo il 7 ottobre ogni nuova strada avrebbe dovuto essere intitolata ai bambini israeliani, assassinati guardandoli in faccia da gente che rideva, inseguiti da gente che urlava l’antico urlo ammazza l’ebreo, bruciati vivi davanti agli occhi dei loro genitori, rapiti come i due bimbi dei capelli rossi per essere poi strangolati nei sotterranei di Hamas. La morte intenzionale di un bambino non è paragonabile alla morte accidentale di un bambino durante un bombardamento. Il numero dei bambini palestinesi morti, anche se aumentato ad arte da Hamas, è anche molto più basso del numero dei bambini sudanesi morti, quindi ricordare solamente i bambini palestinesi non vuol dire solo calpestare la memoria degli israeliani, vuol dire anche dichiarare che i bambini sudanesi sono, insomma, gente da poco beh sì, sono neri africani, chi se ne frega. I morti per terrorismo non sono equiparabili ai morti in guerra, i primi sono completamente intenzionali, sono lo scopo, i secondi sono un tragico effetto collaterale di un altro scopo.
Il terrorismo contro civili, come fanno i palestinesi, è un genocidio portatile: tutti sono colpevoli, e viene festeggiato da gente che balla per strada e offre dolcetti, come fanno i palestinesi, perché è una deformazione di tutta una civiltà, non il gesto isolato di qualche folle. Con il 7 ottobre il terrorismo contro civili israeliani, soprattutto donne e bambini ha raggiunto vette di crudeltà atroci. Ci spiega la signora Francesca Albanese che è successo perché i palestinesi sono tanto infelici per colpa di Israele. Gli israeliani se ne sono andati da Gaza 15 anni fa, Ariel Sharon augurò pace e prosperità, Gaza è stata inondata di denaro perché nascesse il paese del latte e del miele. Sono nati centinaia di chilometri di tunnel stipati di armi, e una cultura di morte disposta a sacrificare i suoi stessi bambini trasformati in scudi umani, così, come hanno spiegato i capi da Hamas, che ne muoiano il più possibile per scatenare l’odio contro Israele. fIl terrorismo, il desiderio di uccidere un bambino mitragliandolo nella sua culla o bruciandolo vivo davanti a sua madre non nasce da torti subiti, veri o presunti, ma da una cultura di morte. Gli ebrei usciti dai campi di sterminio non hanno sgozzato i bambini tedeschi, gli armeni sopravvissuti non insegnano ai loro figli a uccidere i turchi. La cultura di morte non è una reazione ad un ingiustizia, tutti i popoli a turno ne hanno subite e ne subiscono. Ora il massacro è contro i Drusi, dei quali, come di sudanesi, non importa un accidente a nessun sindaco. L’unica cosa ancora più intrisa di cultura di morte di Hamas sono i suoi sostenitori occidentali che camuffano il loro parossistico odio contro Israele da compassione per i bambini palestinesi.