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La paura è una brutta bestia

By Silvana De Mari
18 Dicembre 2025
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La paura è una brutta bestia e fa perdere la testa. Proverbio dotato di lussuosa rima che contiene una verità neurobiologica: di fronte a un pericolo mortale o ritenuto tale, rispondiamo in maniera emotiva, sospendendo la razionalità. La paura può scatenare la collera: quando questo succede, la collera ha la stessa potenza della paura che l’ha generata. La paura attiva i centri sottocorticali del nostro cervello, le aree che stanno “sotto” la zona corticale, la corteccia dove hanno sede il ragionamento e la logica. La ragione è bypassata. La paura è un’emozione di difesa, la prima e la più potente emozione di difesa, senza la sua potenza, la sua capacità di bypassare ogni pensiero logico, saremmo morti. La seconda grande emozione di difesa è appunto la collera. Il periodo più lungo di permanenza della creatura umana sul pianeta è il paleolitico, durato 2 milioni e mezzo di anni. Tutto quello che viene dopo sono pochi millenni. Noi disponiamo di un cervello preistorico, anzi paleolitico. Nel paleolitico solo chi si faceva giustizia da solo poteva evitare aggressioni ulteriori e sopravvivere. La paura è l’emozione con cui rispondo alla percezione di qualcosa che può mettere fine alla mia vita, nel senso che può uccidermi, o nel senso che può rendere la vita che mi sono faticosamente costruito un inferno o uno schifo. La collera è l’emozione che mi permette di reagire all’ingiustizia, a battermi con chi sta mettendo a rischio me o coloro che amo. La paura è in assoluto l’emozione più ancestrale, più totale, la prima che compare. La paura è legata alla nostra sopravvivenza e alla sopravvivenza di coloro che amiamo. È un istinto primario. La paura e la collera ci permettono di combattere per gli altri e salvarli. Contrariamente a quanto pensano molti vegani che li addentano con grande incoscienza, i vegetali hanno un alto tasso di comunicazione. I vegetali conoscono la paura, cioè la percezione di un danno, e il contrattacco. Se dei parassiti attaccano delle piante di patate in un campo, le patate liberano nell’aria molecole che avvertono del pericolo le altre patate, così che all’arrivo dei parassiti loro siano già corazzate. Lo stesso avviene per i pomodori. Persino i vegetali quindi hanno la capacità di combattere per gli altri. Un gioielliere è uscito dal suo negozio inseguendo i criminali che avevano appena fatto una rapina, avevano minacciato la sua vita e quella di sua moglie, avevano anche picchiato sua moglie. Il gioielliere li ha uccisi, cioè messi in condizione di non nuocere più, né a lui, né alla moglie ,né a chiunque altro. È giusto e normale che la paura del gioielliere e la sua fisiologica collera, le ancestrali emozioni che non da millenni, ma da milioni di anni, quelli del paleolitico, ci permettono di sopravvivere e proteggerci da chi ci aggredisce, fossero talmente potenti da non permettere nessun altro pensiero. Ognuno di noi è diverso e nessun giudice può stabilire quanti siano i grammi di paura e quindi i secondi di perdita di razionalità di qualcuno che è stato aggredito. Il gioielliere è stato condannato in quanto il suo gesto non è stato considerato legittima difesa.  Al contrario: lo era. Come i pomodori e le patate, come ogni branco, come ogni comunità umana, ognuno di noi ha il compito di proteggere anche il futuro e di proteggere anche gli altri. Chi fa una rapina, non può più pretendere che la sua vita sia considerata sacra. Se ogni gioielliere rapinato avesse ucciso i rapinatori, non ci sarebbero più rapine. Aver subito innumerevoli aggressioni, innumerevoli pestaggi, innumerevoli minacce, “io adesso ti ammazzo, ammazzo tua moglie”, aver effettivamente sentito tutta la paura, essere stato deriso, aver visto anni di lavoro portati via in pochi secondi, aver visto la propria moglie presa a calci e schernita, dà un picco di paura e collera per cui la persona deve essere considerata non in grado di intendere e di volere. La legittima difesa non si esaurisce nell’attimo: c’era la certezza che sarebbero tornati in futuro. La legittima difesa non si limita solo a noi: c’era la certezza che avrebbero devastato vite di altri, picchiato e minacciato altri, forse li avrebbero uccisi.  Stesso discorso vale per la signora che a Viareggio, con la mente resa folle dal terrore, ha ucciso con l’auto il rapinatore che l’aveva appena rapinata e che aveva la sua borsa, il suo indirizzo, la possibilità di aggredirla anche a casa, e che sicuramente avrebbe aggredito anche altre donne in futuro. Il giudice non ha il diritto di stabilire quanto sia il quantitativo di paura e collera che un cittadino aggredito può provare. Una volta che il rapinatore ha aggredito qualcuno, deve essere, ovvio che si sta esponendo alle reazioni da paura e da collera. Esiste il concetto di assunzione di rischio. Chi fa il pompiere deve dare per scontato di dover affrontare incendi. Chi fa il medico deve dare per scontato di dover affrontare pazienti con malattie infettive. Chi fa il rapinatore deve mettere la propria morte ai normali rischi del mestiere. Se il rapinatore muore nell’esercizio della sua funzione di rapinatore, non deve aver diritto nessun risarcimento. Se al rapinatore e riconosciuto un risarcimento, cosa già di per sé gravissima, e se questo risarcimento è addirittura superiore, enormemente superiore, a quello riconosciuto a un pompiere morto mentre salvava qualcun altro, di un poliziotto che stava cercando di proteggerci oltre che di chiunque sia vittima di una rapina, allora vuol dire che non c’è più nessuna giustizia. Parliamo di giustizia. L’essere umano non può vivere senza giustizia. Nel momento in cui vive in un mondo senza giustizia, è sommerso dalla paura, che è un emozione ancestrale e devastante, e dalla collera. Abbattere qualcuno che ci ha fatto del male e che potrebbe farcene in futuro, rientra nello schema ancestrale della legittima difesa personale. Abbattere qualcuno che ci ha fatto del male e potrebbe farne ad altri, fa parte della legittima difesa sociale, quella che è permessa a patate e pomodori. Se infatti noi vediamo questi comportamenti nei film o ne leggiamo nei romanzi, li troviamo perfettamente legittimi, perché sono umanamente legittimi. Sono le stesse reazioni che hanno permesso nel paleolitico alle società umane di sopravvivere. Sono tutte forme di giustizia estremamente brutali e rozze. La mancata punizione del colpevole è una forma assoluta di ingiustizia. Dove il colpevole non è punito, in maniera puntuale e severa, è non solo inevitabile ma anche giusto che i cittadini comincino a farsi giustizia da soli. Si tratterà di una giustizia brutale e violenta, che è peggio di una giustizia decente e bene amministrata, ma è comunque meglio dell’assoluta ingiustizia del colpevole non punito. Che un poliziotto debba diventare imputato se ha fatto il suo dovere, quello per cui è pagato, fermare un energumeno col machete, fermare a tutti i costi chi ha forzato un posto di blocco, è aberrante. Chi ha forzato il posto di blocco potrebbe essere qualcuno semplicemente dedito al furto, impresa considerata dalla nostra magistratura una forma di ridistribuzione dei redditi. Torniamo al posto di blocco:  per quanto ne sa il carabiniere, chi forza il posto di blocco potrebbe essere un assassino in fuga o un terrorista che sta andando a fare trenta morti. L’imputazione dei carabinieri, la condanna del gioiellere ha il senso del colpirne uno per educarne cento. La prossima volta i carabinieri non inseguiranno chi forza un posto di blocco. I gioiellieri eviteranno anche di tenere le armi per evitare la tentazione di usarle e dover risarcire poi il povero rapinatore o di farsi anni di galera. La vita di coloro che ci dannano la vita grazie alla nostra magistratura diventa sempre più facile. Si parla spesso di Far West, quando qualcuno chiede quello che dovrebbe essere un diritto assoluto di ogni cittadino, essere armati e difendersi. Il Far West è stata un’epoca storica in cui in territori enormi, con la presenza dello Stato ridotta al minimo, quando non assente, la civiltà è riuscita a formarsi e a sopravvivere grazie alle armi e al coraggio. Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se ogni donna stuprata da un immigrato rilasciato da un magistrato con il cuore pieno di bontà, cominciasse a farsi giustizia da sola, per esempio usando la sua auto. È meglio non pensarci. E sarebbe meglio quindi che la tentazione di farsi giustizia da soli fosse fugata dalla giustizia vera, severa e puntuale fatta dallo stato. Vorrei vivere in una nazione dove il popolo normale, fatto dalla gente perbene, quelli che lavorano e pagano la tasse, non debba avere la costante impressione di essere odiato dalla magistratura.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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