La verità punge, la menzogna unge.
La verità può fare male, molto male. Può fare molto male a chi non vuole ascoltarla, e il tizio che non vuole ascoltarla di conseguenza farà molto male a chi si è azzardato a dirla. Pungere è un verbo lieve, quasi canzonatorio, ma contiene il concetto del sangue che sarà versato, il fiume di sangue che Charlie Kirk ha perso dalla carotide lesionata, per esempio. La menzogna spesso paga, paga con denaro, il fiume di denaro con cui il Qatar e Hamas sostengono la loro propaganda, sostituendo quello che per decenni arrivava dall’Unione Sovietica, paga con il potere, paga semplicemente con la quiete di evitare una persecuzione. L’olio unge: si ungono le rotelle perché scorrano meglio, la metafora dell’olio e dell’unto si usa sempre per indicare la corruzione. L’unto macchia. Come dicono molti: meglio una macchia di unto che di sangue. L’islamofobia è un marchio senza possibilità di perdono. Un’accusa di islamofobia nel Regno Unito fino al precedente governo distruggeva la carriera, oggi porta anche dritto in galera. Affermate la verità, c’è in corso un processo di islamizzazione né pacifico né indolore, e vi arrestano. Sventolare la bandiera inglese è considerato un gesto di odio da punire. Dato quanto sopra, un sorprendente numero di poliziotti, magistrati, assistenti sociali, insegnanti, impiegati di patronati, addetti alle mense e alle palestre, è riuscito a non accorgersi di un numero di violenze e stupri che non riusciremo mai a calcolare da parte di gang di pachistani islamici a carico di ragazzine bianche e cristiane o comunque non islamiche. Qualche genitore che si è reso conto ed è intervenuto, si è accidentalmente ritrovato defunto e, sempre, la sua morte è stata considerata l’effetto di una qualche misteriosa serie di sfortunati eventi. L’accusa di islamofobia punge. Meglio l’unto della vigliaccheria. Anche dire la verità sul movimento LGBT è una scorciatoia per l’inferno. Disoccupazione, minacce, odio. La T di LGBT sta per trans, un nonsenso biologico. Come giustamente sosteneva Kirk la regola di una società dovrebbe essere vivi e lascia vivere, se qualcuno crede di credere di essere del sesso opposto dovrebbe avere la libertà di vestirsi come meglio crede. La follia è che tragici interventi di castrazione che creano malattia e dolore cronici e non risolvibili, siano finanziati dal servizio nazionale, anche se è dimostrato che questi interventi moltiplicano il rischio di suicidio. La tragedia è che qualsiasi maschio si dichiari fanciulla può penetrare nei bagni delle donne, nei loro spogliatoi, nelle celle dove avvengono stupri, possono rubare alle donne le vittorie sportive, possono rubare le parole sacre donna, e madre. Una oscena dittatura impone parole e pronomi, fino alla prigione come succede nel Regno Unito se qualcuno osa dire la verità rivolgendoci correttamente a un maschio come ci si rivolge ai maschi, nel Regno Unito ma non più negli USA, dove il presidente Trump con una sola frase, ci sono solo due generi, maschio e femmina, ha spazzato via decenni di follia. La signora Rowling, autrice della saga di Harry Potter ha osato dire la verità, una donna è una donna, i maschi che si dichiarano donne sono un danno per le donne, due verità inoppugnabili, ed è ricoperta sui social da insulti di una sconvolgente violenza sessista. Ho già spiegato in molti articoli e anche in un paio di libri, La realtà dell’orco e Lo splendore del drago, che Harry Potter non è una saga esoterica, che contiene valori cristiani, l’amore per la vita, per la famiglia, per la giustizia. Questa presa di posizione della signora Rowling a favore della verità, costi quel che costi, dimostra ulteriormente che fa parte della squadra buona. Vale la pena di leggere la storia della sua vita. La racconta Marina Lenti (J:K: Rowling e il suo mondo di parole, Ares edizioni). Vale la pena di leggere la sua vita, perché una persona che ha venduto milioni di copie ha cambiato l’immaginario collettivo, e ora il suo coraggio della verità sta infrangendo un tabù orrendo che porta ragazzini confusi alla mutilazione e al suicidio, tabù che ha creato l’idea folle che l’obbligo alla menzogna sia una forma di etica obbligatoria. E poi c’è la beatificazione del terrorismo comunista. Le Brigate Rosse vogliono dire morti e feriti, orfani che sono rimasti orfani. L’apogeo delle Brigate Rosse sono state il rapimento Moro, che non erano in grado di fare da sole. Il generale Piero La Porta, (Raffiche di bugie in via Fani) propone una ricostruzione che smonta la narrativa ufficiale evidenziando le incongruenze di ciò che accadde in via Fani il 16 marzo 1978. Aldo Moro non è stato rapito in via Fani. In via Fani furono rinvenuti 91 bossoli, 49 dei quali sparati da un tiratore mai identificato dotato di un’abilità propria delle forze speciali, 42 sparati dai sei brigatisti con una perizia da tiratori scelti. I brigatisti non avevano capacità militari e la l’azione non è credibile. Nessuno è in grado di sparare 91 colpi con la certezza di non colpire il futuro ostaggio. L’unica possibile spiegazione è che Ando Moro non fosse in Via Fani. Nelle lettere fatte ritrovare, Aldo Moro non fa cenno alla morte dei cinque uomini della scorta. Scrive solo che era la sua scorta era stata inadeguata. Questa assenza d’interesse dimostra che era ignaro della loro sorte, sapeva solo che si erano lasciati ingannare da chi lo aveva “prelevato”. In una lettera a Francesco Cossiga usa il termine “prelevamento”, non rapimento. Perché gli assassini hanno usato secondo preziosi per finire uno per uno gli uomini della scorta? E soprattutto perché questi uomini non hanno risposto al fuoco? Perché avevano le mitragliette nel bagagliaio, dato che Moro non era con loro. Tutta la storia può stare in piedi solo se si introduce un elemento nuovo: mister X. Supponiamo un l’antefatto, nella Chiesa di Santa Chiara dove Moro dove si recava a pregare tutte le mattine prima di andare al lavoro, arriva mister X, un generale di qualche cosa oppure un uomo politico molto importante, arriva accompagnato da uomini in divisa. Mister X spiega che aspettano Moro in un agguato. Lui e i suoi uomini prelevano quindi l’uomo politico per portarlo in senato. Mister x doveva essere noto a Oreste Leonardi, capo scorta, che mai avrebbe affidato il suo presidente a sconosciuti. Ora in un secondo libro, imperdibile, Omertà e bugie su Aldo Moro: magistrati sotto accusa il Togalitarismo, con la sua prosa sarcastica e appassionata Piero Laporta aggiunge nuovi sconvolgenti elementi: Moro aveva quattro costole rotte. Tutti voi che leggete questo articolo, vi rendete conto di quanto sia grave che non lo abbiate mai saputo? Come medico testimonio che l’autopsia ha avuto in incomprensibile livello di sciatteria. Non sono stati fatti prelievi bioptici per stabilire quando le costole siano state rotte, se sia stato un trauma unico o ripetuto. Il brigatista Moretti racconta che dopo il sequestro Moro era “indenne” (costole a posto, dunque). Braghetti, la presunta carceriera padrona di casa, ricorda che l’ostaggio “dormì profondamente” (costole a posto, sicuro). Ancora Moretti garantisce che Moro rimase con loro tutti i 55 giorni, dal rapimento all’uccisione. Chiaro? Lo dicono loro. Bene: come, dove e quando si fratturò 4 costole? Nessuno in 47 anni si è mai azzardato a chiederlo agli assassini. Forze dell’ordine, magistratura inquirente e giudicante, commissioni parlamentari con centinaia di nostri rappresentanti, Vaticano, servizi segreti, diplomazia, moglie, figlio, parenti e amici, avvocati di parte civile, editoria con giornali, inchieste, libri e biografie. L’ordine è non chiederglielo. Secondo me, non saprebbero cosa rispondere. A quel punto, sarebbe evidente che “accadde altrove”. E allora andrebbe riscritta la storia d’Italia dell’ultimo mezzo secolo.» Roberto Chiodi scoprì le costole rotte, una notizia enorme, travolgente perché quel tipo di frattura, composta, è una precisa tattica di tortura. Da 47 anni salmodiano in coro il “caso Moro”: «I BR rapirono Aldo Moro a via Mario Fani, massacrarono la scorta; trattarono umanamente il rapito”. Il rapito è stato torturato, il rapito aveva quattro costole rotte, ogni suo respiro era tortura, bastava la pressione di un dito su una delle fratture per portare il dolore al parossismo. Perché? Per farsi rivelare cosa? Moro conosceva tutti i piano della Nato e non è certo la CIA che poteva essere interessata. La verità può fare molto male, certo, può portare alla morte, ma è molto più divertente morire per qualche cosa che vivere per nulla, e morire per aver detto la verità è un esempio di bella morte. Lo specifica anche la Bibbia, per la precisione il libro del Siracide: combatti fino alla morte per la verità, e Dio combatterà con te.