Alfie, il suo papà e la sua mamma
Al padre e alla madre di Alfie non sarà permesso di portare via il bimbo.
Ogni genitore deve poter essere certo che sia stato fatto tutto, ogni genitore deve vedere il suo bambino morire solo dopo che ogni strada è stata tentata. A questi due genitori non sarà permesso.
Il piccolo corre il rischio di morire se lascia l’ospedale, quindi meglio che muoia in ospedale senza rischi.
Il potere descritto da Kafka era un implume dilettante se paragonato a questa logica. Il giorno successivo al blitz tentato dal padre Alfie, bimbo inglese molto malato, non ha avuto diritto alla presenza della madre per un giorno. Questo è il suo best interest?
La madre è un cittadino britannico, ed è incensurata, non è una terrorista e non è sospettata di avere un atto terroristico tra i suoi progetti. La mamma di Alfie non è un serial killer.
Eppure uno stato separa una madre dal suo bimbo malato.
E ora ci vengono dei dubbi atroci sul perché si siano rassegnati i genitori di Charlie: la paura di essere allontanati.
Abbiamo dato tutto in mano allo stato: le cure mediche, la scuola, le pensioni, la sicurezza. Lo stato può tutto.
Qualche giorno fa è stato tolto il cartellone pro vita che informava (correttamente) su come è fatto un feto di 11 settimane.
Molti si sono scandalizzati perché quel cartellone poteva essere letto come una critica a una legge dello stato. Anzi dello Stato. Lo Stato è il nuovo Dio.
Questo dramma oltre che medico è anche e in certi aspetti sopratutto legale.
Dopo che la vita è stata presa e riformattata col battesimo della dignità conferita dalla legge dell’uomo e non dalla condizione naturale che dovrebbe permearla fin dal concepimento in tutta la sua essenza, ora stanno fabbricando il viatico della morte lecita. C’è un che di vagamente spiritistico in tutto questo.
Ci hanno dato tutto, tutti i diritti che volevamo e continueranno a darcene altri, sempre più specifici, sempre più irrinunciabili, finché non arriveremo al punto che senza di essi non varremo più niente, anzi ci siamo già.
Dopo la selezione della vita, pure quella della morte, ma non basta, no. Arriveremo al punto che oltre a questo tutto quello che nella nostra esistenza proviamo, o verremo indotti a provare, non più le cose materiali o le cure mediche, ci verrà somministrato dal padre stato, e pagheremo anche per le emozioni più belle che si possono provare per gli affetti più intimi che non siamo in grado più di provare.
Stanno prendendo i nostri figli, perché noi non siamo ancora pronti, ma loro si. L’amore che un padre prova per il figlio ora è egoismo crudele e meschino, mentre chi lo uccide il bimbo è un santo che ha il coraggio di compiere un gesto difficile.
Perché il bambino deve morire, perché ora ci stanno dimostrando come, il volere dei genitori non conta nulla in confronto allo stato, ci stanno educando a questo, preparando a questo. Non è solo una questione di vita e di morte: è un processo di trasformazione globale il cui scopo è quello di riprogrammarci e far si che ci adattiamo al mondo nuovo in cui ogni affetto non lecito e registrato che non produce consumo non è permesso, ogni legame (soprattutto famigliare) è clandestino di fronte allo stato.
Quel bambino deve morire, perché l’Inghilterra non cederà, la legge inglese non deve essere giusta, solo implacabile, perché ognuno è sacrificabile per la credibilità e la solidità di tale legge.
Non è un problema medico, non è più il problema che dovrebbe essere.
E’ così.