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Generale
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Natale e Natività.

By Silvana De Mari
19 Novembre 2019
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Natale

In Sardegna vivevamo a pochi chilometri da Capo Caccia, in mezzo alle vigne infestate da volpi e cinghiali. I cinghiali mangiavano le nostre patate e noi mangiavamo loro, a spezzatino coi i chiodi di garofano. Anche le volpi ci siamo mangiate. Loro distruggevano i nostri pollai e i nostri padri le abbattevano e poi le mamme con le code ci facevano i colletti sui cappottini. Erano gli anni 50, eravamo appena usciti dalla seconda guerra mondiale, stavamo ricostruendo le nostre città bombardate, mangiavamo tutto quello su cui mettevamo le mani. Io avevo 4 anni e mia sorella 8 quando ci trasferimmo a Trieste, dove le strade non erano costeggiate da vigne e non c’erano volpi. C’erano pochi minuscoli prati bordati da una listarella di cemento che era vietato calpestare. Noi venivamo dalla regione più selvatica mentre Trieste era raffinata e austroungarica, la città d’Italia con maggior numero di libri e giornali venduti per abitante, la minore criminalità, il maggior numero di spettacoli teatrali. La perplessità all’inizio fu reciproca. Poi venne dicembre e la città si riempì di luci di Natale. Guardavamo le lucine senza parole, erano le prime che vedevamo nelle strade. In Sardegna non c’erano. Trieste era la città più elegantemente avanzata, noi arrivavamo dal lembo più rustico di un’Italia molto rustica. Capivo quelle dei negozi, quelle che mi sembravano incomprensibili del tutto erano quelle dei giardini e dei balconi. Persone spendevano denaro per illuminare il Natale altrui, fidando che nessuno avrebbe rubato le loro luci. E nessuno le rubava. Era straordinario, commovente. Conservo lo stupore dei miei 4 anni davanti alle luci di Natale: persone che spendono il loro denaro per illuminare la notte altrui. Amo moltissimo chi mette le lucine di Natale. Grazie per ogni singola lampadina, un milione di grazie per ogni ghirlanda. Fino a quando qualcuno illuminerà la notte altrui, sapremo che …sapremo che…Sapremo che qualcuno sta sacrificando il suo tempo e il suo denaro per illuminare la nostra notte. E pace in terra agli uomini di buona volontà.

Con la nascita di Cristo la storia è cambiata, è stata divisa in un prima e in un dopo. Una donna con un bimbo in braccio cambiano per sempre l’umanità e la storia. L’etica cambia, e di conseguenza cambia l’epica. Nel poema epico precristiano, Iliade, Odissea Eneide, vengono graziosamente descritti come giusti e normali l’assassinio del bambino e lo stupro etnico. L’ira funesta cantami o diva è il verso che descrive la collera di Achille perché gli è stata sottratta la schiava Briseide: sul suo diritto di mettere le mani sulla schiava preda di guerra non si discute. Astianatte, figlio di Ettore, figlio dell’eroe sconfitto e uccido, di stirpe reale sarà ucciso gettandolo giù dalle mura su consiglio di Ulisse. Anche dopo l’avvento di Cristo bambini saranno uccisi e donne violate, ma sarà fatto con vergogna, senza sbandierarlo, senza scriverlo: non potrà più essere messo nel poema epico.

L’assassinio intenzionale del bambino e lo stupro di sua madre nel poema epico post cristiano è un comportamento che appartiene solo agli orchi. Nel poema epico cristiano è giusto combattere gli orchi, coloro che uccidono intenzionalmente i bambini. Ne “Il Signore degli Anelli”, e uomini armati di coraggio combattono per il Bene, le Cronache di Narnia, in cui Babbo Natale regala il coraggio ai bimbi, Harry Potter si batte contro i Mangiatori di Morte, perché innocenti non siano uccisi. La storia di Arduin il Rinnegato, (questo è un libro mio), comincia per l’orrore di bambini assassinati.

Quindi festeggiamo il Natale: facciamo il presepe, mettiamo al centro delle nostre case la Donna con il Bambino in braccio e di fianco a loro il meraviglioso uomo che usa la sua forza e la sua ascia di falegname per proteggerli. Spendiamo un po’ di fatica e di denaro per illuminare la notte altrui, accendiamo di luce i nostri alberelli di Natale, i nostri balconi. E soprattutto facciano il Presepe, facciamolo bello con la Donna e il Bambino al centro, e a fianco a loro il falegname con l’ascia che ha tagliato i rami e fatto il fuoco perché la Donna e il Bambino stiano al caldo, il custode che li protegge con la sua forza.  Una volta tolti la Donna con il Bambino e il falegname restano solo le luci a led made in China e la cintura che tira per il troppo panettone e un mucchio di regali inutili da riciclare. I regali sono belli solo se li portano Santa Klaus o Gesù Bambino, allora sono pieni di tenerezza e di poesia.

Santa Claus è la versione nordica di Saint Nikolaus, San Nicola da Bari, quindi è cattolico pure lui, ma a casa mia era Gesù Bambino che portava i doni!
Quando avevo 5 anni andammo a trovare la Nonna per Natale. Io ero preoccupatissima che Gesù Bambino perdesse la strada e non portasse niente. Mi informai per tutta la strada, da Trieste a Caserta, due giorni di viaggio, se c’era il rischio che si perdesse: noi avevamo scritto l’indirizzo di Trieste sulla letterina, ma mamma assicurò con estrema sicurezza che gli Angeli avrebbero indicato la strada. Fu nella casa dei nonni che mia sorella ed io scoprimmo pacchetti nascosti in soffitta. Erano papà e mamma che ci portavano i regali. La soffitta era chiusa a chiave e nessuno aveva previsto che la chiave era facile da rubare, appesa in cucina di fianco ai mestoli. Io ci restai malissimo. Mia sorella mi consolò. Era molto più tenero così. Papà e mamma che compravano le cose di nascosto e le regalavano come ladri. Mi convinse anche a fingere di non sapere nulla. Non funzionò. Me lo feci scappare quasi subito. Comunque fu un bellissimo Natale.

 

Natività

La natività di Giotto è la mia preferita. Maria e il Figlio si guardano: uno sguardo di comprensione. Lei sa. Lei sa a cosa Lui è destinato. Quando tra quaranta giorni le diranno “Il tuo cuore sarà trafitto da una spada”, sarà una conferma.

Migliaia di artisti hanno rappresentato la Natività. Un’altra magnifica Natività che contende il primato a quella di Giotto è quella di un pittore fiammingo di cui non conosco il nome, però so che è dannatamente bravo. Non conosco il nome di quest’uomo, non so se sono io che lo ignoro, o se il suo quadro è anonimo o , ma so una cosa su di lui, una cosa di cui sono certa. So che ha avuto un bambino con la sindrome di Down, sempre che non siano stati due, perché nella sua sconvolgente natività sia uno degli angeli che uno dei pastori hanno i lineamenti inconfondibili della sindrome. Non so il nome di quest’uomo, ma so, che ha offerto al Cielo la sua sofferenza per non aver avuto il figlio sognato, so che ha amato i suoi figli con tutto il cuore e so che ha benedetto Dio per avergliene fatto dono. Noi starnazziamo a ogni istante la parola diversità, che insieme alla parola inclusione è diventata l’ossessione permanente, e sono sillabe vuote in un’Europa folle dove sempre più nazioni si vantano di essere Down free. Non hanno inventato il sistema per evitare che la sindrome si instauri. Hanno semplicemente una capillare opera di aborto e, nel caso qualcuno scappi, hanno come la civilissima Olanda l’aborto postnatale, ampolloso termine che indica quello che noi cafoni chiamiamo infanticidio.

Ai grandi rappresentanti della Natività si sono aggiunti milioni di piccoli artisti che l’hanno rappresentata nelle loro case nei loro Presepi, raccogliendo muschio e sassi, con la bacinella del bucato che faceva da stagno, la farina che faceva la neve, il fondale blu carta da zucchero con le stelline a ripetere l’immensità del cielo che la stella cometa ha traversato, e in fondo i tre Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ognuno da un continente diverso, quindi a quelli che credono che l’antirazzismo lo hanno inventato loro spieghiamo che sono dei poveri zuzzerelloni. Ogni Presepe ha la sua dignità, con l’eccezione di tutti quelli in cui il Bambinello è migrate e naufrago.

Invece che di Cristo si parla di altro. Questi bizzarri preti della Chiesa 2.0 hanno trasformato Cristo in una persona precisa, che quindi esclude le altre e contemporaneamente nega l’unicità di Cristo.  Cristo diventa il migrante, e il migrante diventa l’unico sofferente, un falso che calpesta il sangue dei martiri cristiani nelle terre dell’islam e del cosiddetto comunismo reale, che comunque è l’unico che sia mai esistito, essendo il comunismo buono appunto irreale, come la chimera e l’unicorno. La sempre più pirotecnica nuova Chiesa 2.0 continua con la sua determinazione di ridurre ogni sacralità: in effetti, perché avrebbe dovuto rispettare il Presepe?

Quindi facciamolo noi: capanna, asinello bue, pastori, neve, palme, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, il fabbro che lavora il ferro alle due del mattino, la tizia che sempre di notte fila all’arcolaio e soprattutto Loro: Giuseppe, Maria e il Bambinello e, tranquilli, sarà un bellissimo Natale.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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