La gatta frettolosa fa i gattini ciechi
Da un punto di vista della fisiopatologia ostetrica il detto non ha molto senso. Anche se tecnicamente scorretto, però ha una notevole potenza. Pur di fare in fretta la gatta sacrifica la parte più importante dei gattini, gli occhi. L’idea nasce da una favola di Esopo: la Porca, e la Cagna disputavano aspramente su chi di loro fosse più fruttifera. La Cagna affermava che ella era più fruttifera di tutti gli altri animali. La Porca controbatteva: Ma quanto tu dici, quello ricordati, che tu partorisci i figliuoli ciechi. In effetti i piccoli di cani e gatti nascono con gli occhi chiusi, che restano chiusi per molti giorni, contrariamente ad altri mammiferi. Evidentemente la loro millenaria condizione di cattività, e quindi protezione da parte dell’uomo, permette questo lungo periodo di impotenza. La favola significa, che le cose non si devono giudicare per la celerità, ma per la perfezione. Chi va piano va sano e va lontano è un altro proverbio che sconsiglia la velocità mettendo l’attenzione sulla sicurezza, particolarmente valido da quando esistono i motori. La fretta è cattiva consigliera è il terzo che sottolinea lo stesso concetto. La fretta quindi porta alla perdita di Prudenza, che insieme a Giustizia, Fortezza e Temperanza fa da cardine all’esistenza umana. Sono infatti chiamate virtù cardinali. È sono sempre state quindi il cardine della Chiesa, sposa di Cristo, specchio terreno della Gerusalemme celeste. Negli ultimi decenni la Chiesa si è un po’ sbragata. La dottrina si è spampanata, i passi del Vangelo che affermano che solo attraverso Cristo si arriva alla salvezza devono essere stati considerati superati e si sono persi un po’. Il Concilio Vaticano Secondo è stato cominciato con grandissimo entusiasmo da Giovanni XXIII, che aveva preannunciato una nuova primavera nella Chiesa. La previsione è stata parecchio entusiastica, la storia lo è stata molto meno, e mentre numerose apparizioni della Madonna, da Fatima alle Tre Fontane preannunciano una spaventosa apostasia della Chiesa, ci stiamo avviando a un livido inverno e non sappiamo nemmeno se avremo la generazione successiva i sacerdoti. Caratteristica fondamentale della Chiesa postconciliare è la fretta di dichiarare beati e santi i propri artefici. La prudenza e la saggezza della Chiesa hanno sempre spinto per proporre una beatificazione di aspettare il tempo necessario perché non sia più vivo nessuno di coloro che hanno conosciuto il possibile Beato. Occorre essere certi che nessuno di coloro che lo hanno conosciuto possa fargli accuse, di peccati sessuali o di qualsiasi altra natura. La Chiesa non può esporre sé stessa e il concetto stesso di santità al fango di eventuali accuse, accuse che, anche se false, sarebbero devastanti.
In questo momento fiumi di fango si stanno riversando su Giovanni Paolo II.
Sull’intricata vicenda che gira attorno al rapimento di Emanuela Orlandi si possono affermare due uniche certezze. Nessuno dei numerosi sciacalli che hanno cercato di trarre vantaggi dalla scomparsa di Emanuela Orlandi ha mai fornito prove della sua esistenza in vita. Enrico De Pedis, detto ‘Renatino’, il capo della Banda della Magliana, morto il 2 febbraio 1990 in un agguato, è forse seppellito in una sontuosa tomba nella basilica romana di Sant’Apollinare che porta il suo nome. Ho usato la parola forse, perché è meglio non essere sicuri di niente. Nella basilica romana di Santa Apollinare, di proprietà del Vaticano, c’è una tomba con inciso il nome del capo della Banda della Magliana. Non entro nel merito della vicenda Orlandi, di cui non sono esperta, ma entro nel merito delle virtù cardinali, di cui posso dichiararmi esperta. La prudenza è una virtù cardinale. È un gesto di sciatteria intollerabile, di imprudenza talmente grave da rasentare l’odio per la Chiesa, la bizzarra usanza di proclamare Beati e Santi a pochi anni dalla loro morte i Pontefici postconciliari. Una persona, lo ripeto perché deve essere chiaro, dovrebbe poter essere proclamata beata e santa solo dopo che sono morti tutti coloro che l’hanno conosciuta in vita, mentre erano in grado di intendere e di volere, per non sbagliarsi meglio aspettare almeno un secolo. Questa regola può avere pochissime eccezioni e solo per situazioni eccezionali. Dopo un secolo si è stemperata l’onda di emotività che potrebbe portare a una beatificazione troppo facile. Dopo un secolo la politica è ormai cambiata. La politica esiste, certamente, anche all’interno del Vaticano. Se un Papa appena morto è beatificato, tutta la sua corrente ne è avvantaggiata. Non devono esserci conflitti di interessi in una beatificazione. Su un Papa appena morto è impensabile che non ce ne siano. In qualsiasi momento, se questa regola non è rispettata, può saltare fuori un’accusa infamante, e questa accusa salterà fuori anche nel caso di una persona veramente santa, perché la Chiesa ha innumerevoli nemici che non aspettano altro che infangare lei e i suoi Santi, perché anche nel caso le accuse siano false, infangano la Chiesa e infangano la santità. Inoltre la sciatteria delle beatificazioni precoci, sorretta da pochi impalpabili miracoli, spacca tragicamente il cattolicesimo. Sono moltissimi i Cattolici, e io sono tra questi, che sono molto perplessi dalla beatificazione sistematica dei Papi post conciliari. Non ci siamo accorti della loro santità quando erano in vita, la Chiesa che hanno guidato è priva di santità, quasi completamente priva di fede, annegata nella tolleranza, che non è mai raccomandata nel Vangelo, perché non si tollera il male. La Chiesa che hanno guidato è sicuramente priva di seminaristi, si avvia verso una felice e sincretica estinzione, inghiottita da una qualche poltiglia di religione mista. Paolo VI ha giustamente dichiarato che il fumo di Satana è entrato nella Chiesa. Lui e il suo predecessore quindi lo hanno permesso. Il cattolico Monsignor Lefeavre, un vescovo nella tempesta, non li ha trovati beati e non ha trovato santità nelle loro azioni. Sui Vangeli è scritto Chi non è con Me è contro di Me. Al Padre si arriva solo dal Figlio. Solo coloro che credono in Cristo diventano figli di Dio e quindi fratelli. I musulmani, gli ebrei, gli induisti e gli atei, non sono nostri fratelli. Noi dobbiamo renderli nostri fratelli diffondendo il Vangelo anche costo della nostra vita. Giovanni Paolo II è stato accusato, peraltro senza alcuna prova, di peccati contro il sesto comandamento. Quelli che però sono indubbi sono le violazioni del principio della unicità e sacralità di Cristo, dell’ordine che ogni cattolico porta nel cuore di portare la Buona Novella, evangelizzare, affermare la Verità di Cristo anche davanti al martirio. Noi non abbiamo capito l’ecumenismo di Assisi dal 1986, le preghiere davanti alla statua del Buddha o al muro del Pianto, quelle con gli stregoni africani, il bacio del Corano, la entusiastica simpatia per Lutero e Hus. Alcune affermazioni di Giovanni Paolo II: “San Giovanni Battista protegga l’Islam” (21 marzo 2000). “Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune… Noi crediamo nello STESSO DIO, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione”. (27 agosto 1985) “Occorre riconoscere più chiaramente l’alta importanza della richiesta di Lutero di una teologia vicina alle Sacre Scritture e della sua volontà di un rinnovamento spirituale della Chiesa”(22 giugno 1996) sono in contrasto con l’affermazione di Cristo “chi non è con me è contro di me”. L’Islam e il cristianesimo non hanno lo stesso Dio, e, anzi, sono ognuna blasfema rispetto all’altra: Cristo non è il Profeta che annuncia Maometto, come sostiene l’Islam. Ebraismo e Cristianesimo non hanno lo stesso Dio, ognuna è blasfema rispetto all’altra. Cristo è risorto al terzo giorno oppure non è risorto. È un evento storico. O è successo oppure non è successo. O è vero o è falso. Se è successo, e la Sindone dimostra che è successo, noi abbiamo ragione e gli ebrei hanno torto, se non è successo loro hanno ragione e noi torto. Non possiamo avere tutti ragione, è contrario al principio di realtà. Budda propone come massimo destino dell’uomo la dissoluzione, il buddismo tantrico afferma la non differenza tra bene e male, tra compassione e crudeltà. Un pontefice che contraddica le Scritture non può essere santo perché la prima condizione della santità, oltre alla vita irreprensibile, è sempre l’irreprensibile dottrina. L’ecumenismo è stata non un rinnegare Cristo ma un’astuta manovra per ammorbidire e avvicinare? Non sembra abbia funzionato, almeno al momento, ma forse ci sbagliamo. Non potremmo prenderci un secolo per vedere come sono i frutti e stabilire la santità degli Alberi? In tutti i casi non sarebbe più prudente aspettare almeno un secolo per decidere?