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The Chosen

By Silvana De Mari
30 Luglio 2025
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Da anni non guardo film o serie televisive. In effetti da anni non guardo proprio la televisione. Le immagini entrano direttamente nel nostro emisfero destro, senza mediazioni da parte del nostro cervello, meglio pensarci prima di guardale qualcosa. Dopo averci pensato, ho deciso di guardare The Chosen, la serie televisiva su Gesù Cristo e gli Apostoli. Ho visto qualche spezzone e mi si sono rizzati i capelli sulla testa per quanto poco siano ieratici i personaggi. Capisco che gli sceneggiatori siano protestanti, ma la tunica di Gesù non si poteva fare venti centimetri più lunga? Era irrinunciabile che avesse una specie di zaino? Vedere Maria la madre di Gesù con gli orecchini, anche piuttosto grossi e piuttosto brutti, è stata comunque una visione discutibile. Nonostante le prime perplessità ho deciso di cominciare a guardare la serie. La serie presenta un Cristo molto umano circondato da Apostoli con vite a volte complicate, rissosi, a volte generosi, a volte sarcastici, con una fede potente, un potente amore per Dio, una straordinaria capacità di litigare su tutto, estremamente diversi l’uno dall’altro, estremamente vivi e interessanti. Le vite e le personalità immaginate sono oggettivamente divertenti, o se non divertenti intriganti e soprattutto potrebbero affascinare un quattordicenne che arriva sulla serie. Sempre più giovani non sono battezzati. La serie potrebbe essere l’unica possibilità per molti di loro per avvicinarsi a Cristo, se non altro per incuriosirli, o per ascoltare per la prima volta il Discorso della Montagna e il Padre Nostro che ne fa parte. In mezzo a una serie di storie che si intrecciano e si incastrano, sono incastonati brani dei Salmi o della Bibbia, frammenti del Vangelo che vengono riportati in maniera integrale senza modificare una sillaba della loro bellezza. All’inizio della prima puntata Maria Maddalena bimba terrorizzata viene rincuorata da suo padre con i versi di Isaia: Ora così dice il Signore che ti ha creato, Giacobbe, che ti ha plasmato, Israele: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni”. Devo riconoscere che la fine della prima puntata della prima serie, quando finalmente compare Gesù,  per rivolgersi a una Maddalena disperata che sta chiaramente andando a suicidarsi, chiamandola con quei versi del profeta Isaia, è commovente. Il momento in cui Gesù finge di aver bisogno dell’aiuto di Matteo per concepire il discorso delle beatitudini, che conia guardando coloro che lo seguono, alcuni miti, altri affamati di giustizia o misericordiosi o operatori di pace, con le parole del Vangelo riportate integralmente, è onestamente appassionante. Amo moltissimo il primo frammento del Vangelo di San Giovanni, “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.” Lo conosco a memoria e me lo ripeto nella mia testa tutte le volte che vado a Messa, alla fine, ovviamente in latino, come era sempre nella Messa quando ero bambina. Mi sono sempre chiesta come è venuto in mente a San Giovanni l’attacco del suo Vangelo. La serie ipotizza una risposta: Giovanni concepisce l’attacco del suo Vangelo mentre ascolta Gesù che legge in una sinagoga il primo magnifico frammento della Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. ” Con questa scena il quattordicenne che guarda la serie scopre contemporaneamente due brani di una bellezza e di una potenza struggente. The Chosen è una narrazione che potrebbe affascinare anche un quattordicenne e che con un linguaggio comprensibile anche a un dodicenne, osa affrontare il discorso del dolore innocente. Si ipotizza che Giacomo il Minore sia uno storpio, che non sarà miracolato. Gli Apostoli subiscono lutti, e insieme al lutto subiscono la cocente delusione che Cristo, che pure può risuscitare dalla morte,  non abbia impedito quel lutto, ma Cristo non lo impedisce perché il dolore della morte, insieme alla malattia e all’ingiustizia, fanno parte del destino dell’uomo da quando il peccato originale è stato commesso. Gesù guarisce un lebbroso: non potrebbe guarire tutti, anche quelli che non lo conoscono. Invece di purificare un lebbroso o dieci, perché non abolire il micobatterio della lebbra e a questo punto anche quello della tubercolosi? Perché guarire un cieco, quel cieco, incontrato in quella strada. Perché non abolire la cecità, tutta, per sempre? Perché non guarire tutti, perché non guarite tutto, e riportare l’uomo nel giardino dell’Eden? Perché il nostro destino non è più quello. Il nostro destino è arrivare alla salvezza attraverso il passaggio in una situazione talmente problematica da essere stata definita valle di lacrime. La fede in Cristo ci può riempie di gioia anche durante tutto il passaggio, per quanto micidiale e drammatico o addirittura atroce sia quello che ci affligge. Cristo guarisce quel lebbroso, risuscita quel morto semplicemente perché ha bisogno di far comprendere senza possibilità di dubbio che il Messia è lui. Gli apostoli, con l’eccezione di Giovanni, moriranno tutti di martiri atroci. La lebbra e la cecità, appartengono ai nostri corpi e Cristo è venuto a salvare le nostre anime, perché quando la nostra anima è salva, la lebbra e la cecità diventano irrilevanti, anche qui sulla terra, perché l’amore per Cristo può annullare la sofferenza. Che in vita siamo stati lebbrosi o storpi o no, nel momento in cui passiamo all’infinito non avrà più nessun’importanza. Anzi, no: avrà l’importanza di una gioia resa ancora maggiore dall’assaporare le sensazioni che al corpo malato erano impossibili, a cominciare dal non avere dolore. Che abbiamo fede o no, quello avrà una terribile importanza. Prima o poi noi incontreremo Cristo. Chiarire questo concetto a un quattordicenne e mostrargli un Cristo che è possibile voler incontrare, è un’opera di evangelizzazione. Aveva scritto Guareschi che avrebbe accettato critiche, e anche un cazzottone se ritenuto necessario, sia per Don Camillo che per Peppone, ma non per il Cristo. Il suo era il suo Cristo. Il regista ha messo nello sceneggiato il suo Cristo. Io avrei preferito venti centimetri in più di tunica e qualche risata in meno, ma forse per un quattordicenne è meglio così. Guardando The Chosen inoltre è evidente come si tratti di una storia di ebrei. È evidente che quando Cristo ha letto nelle sinagoghe, e lo ha fatto, non può che averlo fatto  con addosso lo scialle di preghiera ebraico, e indicando le lettere della Torah con la yad, una bacchetta fatta a forma di manina. L’analisi della Sindone con la tecnica della restituzione fotogrammetrica mostra che Cristo è stato seppellito con i  suoi filatteri. Il cristianesimo è una religione che nasce dall’ebraismo. Il popolo eletto ha avuto il compito da Dio di custodire la nascita di Messia, e di custodire la Sua morte. Cristo è morto non perché questa è stata la volontà del Sinedrio ma perché questa è stata la volontà del Padre. Il quattordicenne, ma anche il diciottenne, il trentenne, il quarantenne, il sessantenne che guarda la serie, potrà rendersi inoltre conto della nostra abissale ignoranza. A parte qualche eccezione, la maggioranza delle persone non conosce il Vangelo, meno che mai la Bibbia. La riforma Gentile ha escluso il cristianesimo dai programmi scolastici e dalle antologie, confinandolo all’ora di religione che diventa sempre di più un’ora di buonismo terzomondista e inclusivo. Non si capisce perché. I Vangeli sono scritti in latino molto facile, assolutamente perfetto per un principiante, ma questi testi non vengono mai usati. Uno studente normale finisce le scuole, avendo molte più informazioni sulle divinità dell’Iliade che sulla predicazione di Cristo. Uno studente può uscire dalle scuole italiane con il massimo dei voti non avendo mai letto che in principio Dio creò il cielo e la terra, e la terra era informe e vuota. Si può prendere la maturità classica senza conoscere la struggente anafora del discorso delle beatitudini. Perché negargli tutta questa bellezza? La stragrande maggioranza degli italiani, inclusi laureati in lettere, non sa nulla della potenza delle parole del profeta Isaia, non ha mai letto un salmo. Guardare nella serie questi uomini, gli Apostoli, che riprendono coraggio tenendosi per mano e recitando i Salmi ad alta voce, quasi urlandoli. Molte persone scopriranno i salmi per la prima volta guardando la serie. Noi come sentinelle aspettiamo l’aurora perché Cristo ha promesso che le porte degli inferi non prevarranno. E alla fine la preghiera degli Apostoli sarà  l’ultimo salmo, quello insegnato da Gesù: Padre nostro che sei nei Cieli.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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