Chi non semina, non raccoglie.


Tra tutti i continenti quello che maggiormente ha sviluppato pensiero scientifico è l’Europa cristiana, con la sua piccola minoranza ebraica. Per la verità non solo scienza: anche la musica, pittura, scultura, letteratura, architettura, il teatro, la filosofia, l’ingegneria meccanica: tutto si sviluppa in maniera incredibile. Qui si sono fusi quattro elementi, la filosofia greca, duttile come l’acqua, il diritto romano solido e pragmatico come la terra, il furore e il coraggio dei barbari, potenti come il fuoco e soprattutto la spiritualità biblico evangelica, luminosa come l’aria. Siamo, o forse siamo stati, una società spirituale, duttile, pragmatica e violenta, e noi siamo noi, siamo la nostra storia, siamo la nostra ferocia, siamo la nostra compassione, siamo il continente che nel bene e nel male ha dato conoscenza al mondo. Evidentemente c’è nel cristianesimo qualcosa che favorisce tutto questo. Dalla teologia, sempre, non nasce solo il pensiero politico come intuisce Carl Schmitt, non nasce solo il pensiero economico come scrive Max Weber, ma nasce soprattutto il pensiero filosofico e quindi quello scientifico. Il primo elemento fondamentale dell’alto livello di filologia, cioè di discussione dei testi. Dove c’è pensiero filologico, c’è pensiero filosofico. Dove c’è pensiero filosofico, c’è pensiero scientifico. Dove c’è pensiero scientifico c’è pensiero tecnologico, economico e finanziario. Il secondo elemento fondamentale è l’amore per la scienza che non può che essere ovvio in una religione che ipotizza un Dio che ama i suoi figli, che per loro ha creato la natura e che quindi vuole che i suoi figli accedano alla conoscenza. San Tommaso ci raccomanda di studiare la natura, perché la natura è creatura di Dio, e la sua conoscenza quindi ci avvicina alla comprensione del Creatore. Sia il Giudaismo che il Cristianesimo affermano che Dio è coerente. Ha fatto le regole che regolano l’universo e queste regole sono sempre le stesse. Lo spiega anche San Tommaso. “Poiché i principi di certe discipline, come la logica, la geometria e l’aritmetica, sono desunti dai soli principi formali delle cose, dai quali dipende la loro essenza, ne segue che Dio non può fare cose contrarie a questi principi, non può fare ad esempio che le linee che passano dal centro della circonferenza non siano uguali…” Dato che Dio ha fatto regole immutabili, vale la pena di studiarle. Ebrei e Cristiani possono essere scienziati. Questo concetto non è universale. Nell’Islam è negato. Nell’islam invece Allah è assolutamente libero. Può decidere di far girare i pianeti in un senso o nell’altro. Studiare le leggi della natura è blasfemo perché vuol dire ritenere che Allah abbia il dovere di fare sempre le stesse cose, e questo può essere considerato blasfemo. L’Islam ha avuto una spettacolare esplosione di conquiste militari e di conseguenza di conquiste scientifiche. Molte cose sono state apprese dai popoli conquistati, per esempio lo zero è stato preso dall’India, e grazie al Islam è arrivato fino a noi insieme ai cosiddetti numeri arabi. Diverse invenzioni appartengono all’ Islam nei suoi primi secoli di storia. La chiusura della mente musulmana avviene nel X secolo, la descrive Robert R. Reilly nel volume The closing of muslim mind – How the intellectual suicide created the modern islamist crisis in cui descrive le cause teologiche che hanno spinto una civilizzazione vivacissima dal punto di vista culturale. La causa è una disputa teologica che affermò che il Corano è increato, esiste da sempre, dall’inizio del mondo. Il Corano non corrisponde al Vangelo, corrisponde a Cristo, esiste da prima dei tempi e per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Questa affermazione vieta di conseguenza ogni discussione filologica del Corano, annienta il concetto di libero arbitrio, annienta ogni pretesa di filosofia, che deve essere inghiottita dalla teologia, e la teologia a sua volta si riduce all’apprendimento a memoria del Corano. Fazlur Rahman, uno dei maggiori intellettuali musulmani del secolo scorso afferma che “Un popolo che priva sé stesso della filosofia necessariamente si espone a un depauperamento di idee fresche – nei fatti commette suicidio intellettuale”. Il dibattito ebbe luogo nei grandi centri della civiltà musulmana – Damasco, Bagdad e Cordova -, e oppose la corrente Mu’tazilita influenzata dal pensiero greco di cui vuole conservare l’eredità filosofica, che vuole coniugare fede e ragione, Avicenna e Averroè i suoi rappresentanti più noti, e la corrente Ash’arita mistico di cui fecero parte Ibn Hanbal e Al Ghazali, la seconda persona più importante nell’Islam subito dopo Maometto, e hanno vinto questi. Il Dio dell’Islam è pura volontà e occasionalismo: non c’è rapporto di causa ed effetto nell’ordine naturale. Non è il caso che si studino la legge di gravità o le orbite dei pianeti. Domani la volontà divina potrebbe essere che le cose cadono verso l’altro e non verso il basso, oppure che senso della rotazione dei pianeti si inverta. Studiare la scienza è una forma di scortesia, quasi di blasfemia, perché in un certo senso “obbliga” Allah a non modificare le leggi di natura, questo è il motivo per cui molti genitori islamici in Europa chiedono l’esenzione dei loro figli dalle lezioni di scienza. La filosofia venne vietata, agonizzò e morì, e con lei il pensiero scientifico e quello tecnologico. La filosofia nell’islam è vietata, infatti non c’è. Tutto quello che non è nel Corano è sbagliato e quindi non va considerato, non va neanche stampato. Quando Gutenberg inventò la stampa, il costo dei libri si abbatté e il loro numero di moltiplicò, ma solo in ambiente cristiano ed ebraico. La stampa fu vietata nei paesi islamici: visto che l’unico libro che serve è il Corano, perché stamparne altri? La stampa fu introdotta in quei paesi solo con l’Impero Britannico, ma a quel punto il gap era enorme e poi non è solo questione di stampa, è questione di filosofia vietata. Avicenna e Averroè e i pochi altri erano già considerati dissidenti Furono tollerati in alcuni periodi e in alcuni luoghi, fino a quando l’Islam restò vincente. Con la prima seria sconfitta islamica, la riconquista della Spagna, i mullah dichiarando che i guai dell’islam erano causati dalla non applicazione integrale del Corano e chiusero ulteriormente i battenti alla scienza e alla filosofia. Nell’islam è vietata la musica, motivo per cui molti genitori islamici chiedono l’esenzione per i loro figli. La musica, come il vino, sarà riservata al paradiso (dei maschi, in quello delle femmine solo fichi e uva). Secondo Khomeini, Allah il misericordioso verserà piombo fuso nelle orecchie di coloro che hanno ascoltato musica. La musica è tollerata nell’Islam moderato, vietata nell’Islam integralista come per esempio i talebani e le corti somali. Certo: gli uomini non possono vivere senza la musica. La musica è un mezzo di comunicazione ancora più antico della parola. Quindi c’è un mucchio di musica che si forma spontaneamente, tollerata, certo, ma mai incoraggiata, e quindi resta musica mediocre: non esiste una musica sinfonica islamica. L’hadith (il detto), che vieta la musica indica che gli strumenti musicali sono haram (proibiti). L’islam vieta le immagini: ecco il motivo per cui Michelangelo non nasce mai in Arabia. L’islam vieta il teatro, che è menzogna: non è mai esistito nella tradizione islamica, quindi nell’Islam non abbiamo Shakespeare e nemmeno Goldoni . È attualmente tollerato nell’Islam moderato e vietato in quello integralista. Per le stesse ragioni è stata vietato qualsiasi tipo di narrazione, considerate menzogna. Come la musica le narrazioni si formano da sole, e nei periodi migliori sono tollerate, mai incoraggiate. Le pochissime narrazioni esistenti nell’islam, Le mille e una notte, sono in realtà frutto in parte di precedenti racconti indiani, in parte di rimaneggiamenti occidentali. Le mille e una notte sono attualmente vietate nei paesi islamici integralisti. Dante nell’Islam non c’è, e nemmeno Tolkien. Dove si studiano conoscenze si formano sinapsi, dove le conoscenze sono vietate, le sinapsi non di formano. Quindi? Quindi non c’è nessuno possibilità di integrazione. Gli studenti islamici non partecipano alle lezioni di scienza, musica, ma anche letteratura, in particolare la Divina Commedia, perché devono restare integralmente islamici. L’islam domina e non è dominato. Chiunque parli di possibile integrazione è uno sprovveduto. L’unica soluzione è la conversione, ma ci vorrebbero insegnanti in grado di mostrare la magnificenza di una civiltà spirituale, duttile, pragmatica e potente e soprattutto ci vorrebbero sacerdoti e vescovi e cardinali che invece di dire e scrivere scempiaggini sull’accoglienza di un popolo che non può che essere invasore, ricordino il Vangelo ed evangelizzino.


