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Ci vogliono scemi

By Silvana De Mari
24 Marzo 2021
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Ci vogliono scemi

Possiamo saltare a pie pari l’annosa questione su cosa sia l’intelligenza da un punto di vista filosofico. Possiamo tenerci al terra terra affermando che l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi e muoversi nel mondo. I problemi da risolvere sono molteplici. Un problema è stabilire quale panettiere vende il pane migliore, ma anche stabilire qual è la probabile forma dell’ universo e qual è il senso della nostra esistenza. Sempre tenendoci su un discorso veramente molto terra terra, approssimando brutalmente, potremmo dire che l’intelligenza è data dalla  somma del numero delle cellule cerebrali e delle loro correlazioni. La definizione farà rizzare i capelli a tutti i competenti, ma potrebbe spiegare più o meno come vanno le cose ai non competenti. Il numero dei neuroni è stabilito alla nascita. È stabilito geneticamente, ma può essere più basso di quanto dovrebbe. Se una mamma ha sofferto di denutrizione con carenza di proteine  negli ultimi tre mesi di gestazione e ancora ne soffrirà nei primi mesi di allattamento, il bimbo avrà meno neuroni di quanti era destinato ad avere. Possiamo perdere neuroni per ipossia, mancanza di ossigeno, per esempio alla nascita o per un ictus, perché distrutti da un tumore o da un ematoma, o anche in tutti traumi cerebrali, quindi sarebbe raccomandabile che tutti, ma soprattutto le persone giovani e molto giovani, facessero attenzione a non sbattere la testa. Non rompetevi la testa. L’uso continuativo di sostanze psicotrope, cannabis, eroina, e soprattutto metaanfetamina, cocaina e crack hanno effetti devastati. Una volta defunto, un neurone resta defunto. Anche la mancanza cronica e continuativa di proteine nobili e indispensabili vitamine ha effetti problematici. Si è sempre pensato che i neuroni non si riproducano, ma i nuovi studi di Gould e Gross e innumerevoli altri autori contraddicono questa teoria, quindi sempre più importante diventa come usiamo il nostro cervello.

Tanto più la persona studia, tanto più apprende cose nuove tanto più le correlazioni del suo cervello aumentano, tanto più è rimandata la possibilità di una demenza. La grande scoperta delle neuroscienze è la neuro plasticità del cervello. Il cervello si modifica a seconda di come lo usiamo. È evidente che il movimento è frutto dei muscoli. È altrettanto evidente che il movimento plasma i muscoli: una persona che si muova molto, sottoponendo anche i suoi muscoli al lavoro  isometrico (sollevare pesi), avrà una muscolatura molto forte. Quando impediamo al muscolo il movimento, per esempio nei 40 giorni in cui portiamo un gesso, i muscoli si ipotrofizzano, diventano più esili e deboli. Analogamente il cervello si modifica a seconda di come noi lo usiamo. I suonatori di violino hanno più sviluppata l’area corticale destra che controlla la mano sinistra. Una persona che studi molto, che disegni molto, che sia capace di suonare uno strumento, che riesca a parlare o a comprendere più di una lingua, usa più il suo cervello e moltiplica il numero delle correlazioni tra un neurone e l’altro. Leggere aumenta enormemente queste correlazioni. Anche leggere romanzi. Il romanzo fornisce una sceneggiatura. Il cervello del lettore fornisce tutto il resto: regia, casting, fotografia, a volte anche colonna sonora. Se sul libro c’è scritto: “arrivarono gli orchi e cinsero  d’assedio le mura. Gli arcieri si prepararono sugli spalti”, è cervello da lettore che stabilisce se i cattivi sono biondi come le SS di Hitler, o bruni come i mongoli di Gengis Khan, se le mura hanno i merli guelfi o ghibellini, se sono di mattoni o di pietra, se gli arcieri hanno archi lunghi, corti o entrambi, se hanno la corazza di acciaio, di cuoio o niente del tutto, e che faccia hanno. Se la stessa scena la vediamo in un film o in una serie televisiva tutti i dati sono già dati, la musica suggeri9sce le emozioni, il cervello resta passivo, non produce correlazioni. Nel momento in cui il cervello sempre distratto sullo smartphone o sul computer si addestra alla infernale capacità di zampettare da un qualcosa a un altro qualcosa perde drammaticamente capacità di concentrazione. Questo fenomeno si chiama frammentazione. La capacità di concentrazione purtroppo è presente solo se è stata allenata, e per allenarla occorre disciplina. Dove la disciplina non sia più considerata un valore, la capacità di concentrazione non esiste. Abbiamo adolescenti che non sono più capaci di leggere due pagine filate. Alcuni non sono neanche più capaci di guardare un film: sono troppo abituati con gli episodi della serie televisiva più corti.

Nel libro Sotto il segno dell’ignoranza,  Paolo Iacci ricorda come sia stato abbattuto il mito di Prometeo e il valore della conoscenza, accenna al degrado della scuola, quella italiana in particolare, ma non si salva nessuno, e di come questa mediocrità pesi su tutta la società e su tutta la vita. La memoria, come qualsiasi altra capacità, va addestrata. Lo smartphone che abbiamo in mano ci fornisce tutte le risposte, in questa maniera non alleniamo la memoria, ma senza una base di conoscenze, le tabelline,  una conoscenza non troppo  rozza di come sono fatti e dove sono i continenti, almeno una ventina di date fondamentali tra cui orientarsi, non è possibile nessuna conoscenza ulteriore e quindi nessun giudizio critico. L’incolto è manipolabile.

E si arriva all’effetto Flinn capovolto. James Flynn, docente di filosofia in Nuova Zelanda pubblicò nel 1987 uno studio in cui metteva a confronto teste su intelligenza effettuati su bambini nel 1947 del 1972. Il teste dell’intelligenza danno un risultato parziale, non devono essere considerati dati assoluti. Non solo: spesso si limitano a mettere in evidenza capacità proprie di una determinata civiltà: le persone che arrivano da altre civiltà sono svantaggiate in questi test. Dopo aver sottolineato che hanno un valore relativo, però possiamo anche dire che un certo valore ce l’hanno. Il risultato è che, in quei trent’anni, c’era stato un netto aumento delle capacità cognitive. In effetti in quei trent’anni c’è stato un netto aumento dell’istruzione. Quando noi calcoliamo la cultura di un popolo, istintivamente calcoliamo la percentuale di scolarizzati e il numero di anni di scolarizzazione. In realtà c’è  un terzo valore che non è meno importante: il numero di generazioni da cui quel popolo è secolarizzato. Essere figli di genitori scolarizzati, essere figli di genitori che regolarmente leggono libri e giornali fa la differenza. Questo ha fatto a differenza dai bambini del 1972 e quelli del 1947. Quelli del 47 erano figli di genitore meno scolarizzati, quelli del 72 sono nati tra i libri. Si creò una incredibile euforia nell’ipotesi di un’umanità in grado di aumentare le proprie capacità cognitive sempre, con un processo grandioso e inarrestabile. Purtroppo il fenomeno si è invertito in maniera drammatica degli ultimi dati si ha l’impressione che le capacità cognitiva  stiano crollando in tutte le nazioni, e vorrei chiarire che la parola impressione è stata usata per cortesia, ha meno spigoli di certezza, suona meglio.

La tecnologia, l’uso frequente di tossicodipendenza, il disprezzo per lo sforzo, l’impossibilità di  disciplina dove il principio di autorità è stato distrutto, la cosiddetta frammentazione, l’uso di narrazioni non più scritte ma raccontate visivamente di cui lo spettatore è fruitore passivo,  stanno rendendo il nostro cervello simile muscoli di un braccio ingessato. Occorre ricordare però che la plasticità del cervello dura per tutta la vita. Non esiste danno che non possa essere recuperato. Come dopo che abbiamo tolto un gesso,  occorre cominciare con la fisioterapia. Spegnete il televisore, razionate il computer, razionate film e serie televisive, o l’uno o l’altro e non più di un’ora al giorno, razionate i cartoni che guardano i vostri figli e scegliete solo quelle di alta qualità, ricominciate a leggere, almeno un libro la settimana, ricominciate ricordare, le tabelline a memoria, le date fondamentali memoria, e soprattutto le poesie a memoria, quelle che amate di più, così da poterle avere sempre con voi, imparate le preghiere in latino. Tutto quello che sta succedendo è un caso, oppure c’è un potere occulto che ci vuole scemi? Nel dubbio, la sera, invece di guardare Barbara D’Urso, ricominciamo a leggere la Divina Commedia. La bellezza ci salverà. L’ha detto un tizio che si chiamava Dostoevskij. Ci potremmo rileggere anche sui libri.

Gli scemi non sono solo più manipolabili. Sono anche più infelici.

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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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