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Non è normale. Oppure sì?

By Silvana De Mari
27 Settembre 2022
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Si intitola Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne il saggio della signora Laura Boldrini sui rapporti tra uomo e donna. Concordo sul titolo. Non è normale che è un libro che pretende di parlare della violenza sociale sulle donne non nomini la lapidazione. Nei miei gloriosi anni 50, solo l’Arabia Saudita ammetteva la lapidazione. Ora dal Sudan al Brunei, dalla Nigeria all’Iran, l’Afghanistan. Aumentano ogni anno le lapidazioni, mentre le femministe occidentali squittiscono su problemi drammatici come stabilire chi svuota la lavastoviglie. Evidentemente la signora Boldrini ignora che la lapidazione  delle adultere, ma non degli adulteri, fa parte della situazione giuridica di numerose nazioni, oppure la ritiene normale visto che nel suo buffo libro non ne parla. In tutto il libro non sono nominate nemmeno una volta le  parole matrimonio forzato, matrimonio di bambine e nemmeno infibulazione o mutilazione genitale. Evidentemente la signora Boldrini ignora che queste pratiche sono attuate non solo in Africa e in Asia, ma addirittura sul nostro territorio nazionale, che sono spaventose dal punto di vista della fisiopatologia medica, che sono spaventose per quanto riguarda la psiche. Il dolore e la vergogna inflitte a una bimba molto piccola possono distruggere la forza morale. Raccomando il libro Non sottomessa della scrittrice somala Ayaan Hirsi Ali che vive sotto scorta. Da questo libro fu tratto un cortometraggio dal regista olandese Theo Van Gogh, che fu atrocemente assassinato come punizione. In molte moschee sul suolo europeo la sua morte è stata festeggiata. In tutto il libro della signora Boldrini non sono mai nominate la parole velo islamico.  Portare il velo islamico potrebbe essere un gesto semplicemente di ossequio al proprio passato e alla propria religione, un gesto di fierezza per le proprie tradizioni se non esistesse nessun paese dove quell’indumento è obbligatorio pena la vita. Tale numerose vittime di chi è costretto a portarlo ricordo le donne afghane, uccise sul posto se il burka scoprivo una caviglia. Tra le numerose testimonianze di chi è costretto a portarlo ricordo bellissimo libro Giù i veli della scrittrice iraniana Chahdortt Djavann che spiega chiaramente:  è il velo o la morte. Ci racconta l’orrore di corpi adolescenti trasformati in fagotti neri, il terrore per una ciocca di capelli sfuggita alla stoffa che può essere punita a bastonate. Masha Amini, ventiduenne, è appena stata bastonata a morte in Iran: portava male il velo. Sono rimasta scandalizzata vedendo la foto della signora Boldrini che si copre la testa con un velo quando è in presenza di un iman.  Non è normale che una donna che ha  avuto l’onore di nascere al riparo della cultura cristiana e quindi libera, e che rappresenta lo Stato, si copra la testa con un velo in segno di sottomissione. Nessuno osi obiettare che si tratta di rispetto e non di sottomissione. Questo sarebbe vero se il cosiddetto velo non fosse imposto con pene tragiche che arrivano fino alla morte. Non è rispetto ma collaborazionismo con gli assassini di Masha Amini.  Se la signora Boldrini desidera manifestare segni di sottomissione e collaborazionismo è nel suo primo diritto, ma non mentre rappresenta lo Stato italiano.

All’inizio del saggio della signore Boldrini  sono riportati una serie di proverbi sulle donne. Molti sono sciocchi e offensivi, come negarlo, e soprattutto perché negarlo. È fisiologico che ognuno dei due sessi provi ma soprattutto manifesti negli anni più giovanili perplessità se non aggressività nei confronti dell’altro sesso. Lo si vede bene tra gli  otto ai diciotto anni. Le ragazzine disprezzano i maschi perché sono rozzi, maneschi, perché fanno gara di rutti. I ragazzini disprezzano le femmine perché sono lagnose, piangono facilmente, stanno sempre a guardarsi allo specchio. Sono passaggi fisiologici dello sviluppo. In realtà è sbagliato contrastare tutto questo con pedagogie  tragicamente aggressive come il cosiddetto Gioco del rispetto, con maestre tragicamente dittatoriali che pretendono che i bambini si scambino i vestiti giochi. Nell’apparente disprezzo in  realtà è conservato e nascosto il desiderio, desiderio feroce, imbarazzante, molto più potente nei maschi. Chi disprezza, comprerà recita un antico proverbio che purtroppo la signora Boldrini non ha citato, ed è un peccato perché contiene proprio l’intuizione di questo comportamento fisiologico che viene quindi presentato come “non normale”. Il desiderio dei maschi per le donne è molto più potente di quello delle donne per gli uomini. La libido è più alta dove ci sia il testosterone alto. La libido delle donne è più piccola di quella degli uomini perché loro portano il peso della gravidanza, loro hanno la responsabilità della nuova vita. È quindi fondamentale che le donne restino calme e scelgano con attenzione di concedere il proprio corpo solo agli uomini che garantiscono e si occuperanno della prole. I neonati della razza umana hanno bisogno dell’attenzione completa di mamma per poter sopravvivere, in più piangono, attirano predatori e mettono in fuga prede.  Non si può contemporaneamente badare a un neonato e andare a caccia. In epoca preistorica, l’epoca più lunga della nostra presenza sul pianeta, per una donna avere bambini senza un uomo vicino che andasse a fornire cibo, voleva dire la morte. Una donna normale pensa al sesso due volte al giorno quando ha vent’anni, una volta al giorno quando ne ha trenta. Dai cinquanta  anni in poi una volta su due noi abbiamo mal di testa. Un uomo normale pensa al sesso cinque volte l’ora. Dai proverbi riportati dalla signora Boldrini si evince benissimo questo desiderio enorme, continuo, che penetra nel cranio, che ti impedisce di pensare. Una donna è l’alfa e l’omega di un uomo, quello per cui lui può massacrarsi di lavoro, può andare alla morte. Una parte dei terribili proverbi della signora Boldrini si limita a esprimere in maniera molto rozza questo concetto elementare. Ci sono proverbi più aspri e citerò un paio anche di quelli. Io sono nata negli anni 50 però. Ai nostri tempi andavamo avanti a proverbi. Mio nonno parlava per proverbi. A scuola erano sui nostri libri di lettura. Ne avevamo stampati migliaia sui calendari, ricordo quello di Frate Indovino, sugli almanacchi, sulle agende. Tre quarti dei proverbi citati dalla signora Boldrini io non li ho ma sentiti in vita mia. Non voglio dire che siano falsi, per carità, ma di certo hanno valore episodico, evidentemente sono motti che hanno riguardato un piccolissimo singolo gruppo di avvinazzati. Una delle caratteristiche del razzismo è la generalizzazione. Si prende un’azione di pochi o pochissimi e la si usa per screditare un intero gruppo quindi un’operazione di profondo razzismo quello che sta facendo signora Boldrini contro il popolo italiano, contro la società cristiana, contro la civiltà europea, la civiltà che non infibula, non lapida, non impone il velo, e nemmeno i matrimoni combinati e con bambine.

Vale quindi la pena di analizzare questi proverbi, soprattutto quelli che conosco anch’io, che quindi sicuramente hanno un valore universale.

Tira più un capello di donna che cento paia di buoi. I maschi hanno una libido molto più alta della nostra. Per le donne impazziscono. Sono disposti a fare qualsiasi cosa. Vero e normale. La libido è normale. Anche l’interno del matrimonio o comunque di una relazione stabile spesso uomo deve mettere in atto opera di seduzione proteine di favore della donna perché la sua libido più alta di quella di lei. È un fatto biologico. Non è un insulto. Non è discriminazione. È così. È la norma. Un uomo fabbrica dopamina quando vede il corpo di una donna. È il normale che gli uomini desiderino le donne e lo manifestino. Quello che non è normale che esista la pornografia, che degradando veri corpi di belle donne crea dipendenza da dopamina. Eppure in tutto il libro della signora Boldrini manca la parola pornografia.

segue

 

TagsAyaan Hirsi AliChahdortt DjavannMasha Amini.theo van gogh
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Silvana De Mari

Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (G. Orwell)

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